52. I mille usi della vasella

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«Me lo vuoi dire o no cosa cazzo ti prende, oggi? Hai bevuto?» sbraitò Luciano.

«No!» mentì Simone. Poi si prese la testa tra le mani. «Sto poco bene...»

«Me lo dovevi dire subito, se stavi poco bene! E ti tenevo in panchina, cazzo!» Fece un cenno brusco in direzione di Alan Carrenho, la prima riserva nel ruolo di Simone. «Vai subito fuori a scaldarti, il secondo tempo giochi tu.» Poi rivolto a Simone. «E tu vai in infermeria a farti dare qualcosa, cazzo! Poi il secondo tempo ti voglio in panchina a fare il tifo e meditare sul tuo comportamento di merda.»

Simone annuì e scattò in piedi, mentre l'allenatore già parlava ai compagni delle strategie da adottare per recuperare il gol di svantaggio.

Non era solo per colpa dell'alcol se aveva giocato male. Non aveva bevuto tanto da rovinarsi la prestazione e il lieve malessere con cui si era svegliato quella mattina era già svanito.

Erano l'ansia e le preoccupazioni.

Correva dietro al pallone ma nella sua testa si alternavano pensieri sulla donna della Polaroid che perseguitava Claudio e su ciò che avrebbe potuto fare lui stesso ai difensori avversari coi poteri magici che aveva appena scoperto di avere. Aveva paura di poter azzerare le loro abilità calcistiche, senza volerlo e senza nemmeno essere consapevole di averlo fatto. Un contrasto di troppo, un insulto ai suoi capelli (non erano mai troppo originali, i difensori, quando decidevano di prenderlo in giro) e chissà cosa avrebbe potuto fare la sua mente?

Durante il gioco, gli erano persino venuti in mente episodi sospetti dal suo passato: un centrale falloso e rompiscatole dell'Entella che si era infortunato cercando di contrastarlo durante un dribbling... e se l'infortunio fosse stato causato da un'improvvisa incapacità a coordinarsi? Se fosse stato Simone stesso a fargli un sortilegio? Simone non aveva più sentito nominare quel ragazzo, dopo la partita in cui l'aveva affrontato, non gli risultava giocasse ancora in serie B. Che fine aveva fatto? 

E come quello, tanti altri: un centrocampista del Bari che a un certo punto della partita aveva offeso Simone insultando Karen con una pesante frase razzista. Quanto avrebbe voluto distruggerlo... e anche lui non giocava più in serie B. Non l'aveva più sentito. E quel primavera sborone dell'Atalanta che non aveva fatto nulla di male se non essere un po' troppo sborone durante l'allenamento? Aveva poi giocato una partita orrenda contro di loro (Simone l'aveva persino preso in giro, per quel motivo) e... non ricordava il suo nome, ma non gli sembrava di averlo più visto, nel giro del calcio professionistico.

«Cosa c'è che non va?» gli chiese il dottor Fazio, il medico sociale, non appena la porta dell'infermeria si aprì. Su un lettino nella stessa stanza stavano massaggiando Roberto, il terzino sinistro.

C'è che sono un mostro, avrebbe voluto rispondergli. Ma inventò di avere mal di stomaco.

La visita fu breve e distratta. E altrettanto distratto fu Simone, durante il secondo tempo.

Usò quei quarantacinque minuti di immobilità forzata per cercare di fare ordine tra i vari problemi che lo assillavano.

Doveva mettere in pratica un piano d'azione.

Primo problema: la donna della Polaroid. Avrebbe chiamato Marco la sera stessa, gli avrebbe mostrato la foto di gruppo del battesimo di Claudio, quella in cui si vedeva chiaramente il viso della donna. Magari per scoprire che il viso nel riflesso degli occhiali apparteneva a un'altra persona (era ciò che sperava).

Problema numero due: i suoi poteri. Direttamente collegato al...

...problema numero tre: il libro di Floricienta, e come fare a consultarlo in Sala Borsa sotto falsa identità.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora