18. Specchio riflesso gnè gnè gnè

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Quella notte Fabrizio e Claudio condivisero la camera dell'hotel tre stelle nel centro di Salerno in cui la squadra aveva deciso di alloggiare, e Fabrizio fu di parola: andò a dormire prestissimo e dormì profondamente per tutta la notte.

Per un po' Claudio lo osservò dormire, mentre gli frullavano fantasie dai contorni poco definiti che, insieme alla tensione per la partita dell'indomani, lo tennero sveglio a lungo.

I due letti erano affiancati, distanti circa un metro uno dall'altro (un solo piccolo comodino li divideva). Se Claudio avesse allungato il braccio avrebbe potuto toccarlo. La stanza era al buio, ma non c'erano persiane alle finestre, solo pesanti tende blu, che non filtravano del tutto il chiarore dei lampioni. Claudio intravedeva il suo viso dai lineamenti spigolosi, marcati. Cosa c'era in quel viso che gli piaceva? Forse proprio il fatto che non era banale. L'esatto opposto di quello di Marco.

Stufo di tormentarsi, si girò sull'altro fianco, le ginocchia piegate ad angolo. Il letto era corto.

Tutti i letti sono corti.

Il letto di casa sua aveva il materasso più lungo del normale, e lì riusciva a dormire con le gambe distese. Ma nei letti di dimensioni standard doveva tenere sempre le gambe un po' rannicchiate. Dopo due settimane di sonno su un letto simile, al convitto di Bologna, ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Nel vuoto notturno, e con l'oggetto del suo flebile desiderio alle sue spalle, tornò ad assillarlo una preoccupazione che durante il giorno riusciva quasi sempre a zittire: la donna della Polaroid. Il monito di Maga Magò: sei in  pericolo. Ma da cosa? Da chi?

E quella strana visione prismatica... Non era riuscito a cancellare il ricordo di quell'allucinazione. Aveva qualche significato? O era solo una stupida suggestione?

C'era, inoltre, un'altra piccola questione che lo assillava. Non un vero e proprio problema, ma un piccolo peso che non si era più tolto: non aveva più sentito Simone dalla mattina successiva al battesimo. Solitamente si chiamavano a vicenda quasi ogni giorno, per raccontarsi delle rispettive giornate, prendere in giro i propri compagni, parlare di sciocchezze. Ma Claudio sapeva che se l'avesse sentito avrebbero finito per parlare di magia, perciò, per non essere costretto a pensare a quegli argomenti, aveva procrastinato. Forse anche Simone aveva avuto remore simili, perché anche lui si era astenuto dal chiamarlo.

Gli mancava.

L'indomani anche il Modena avrebbe giocato la Tim Cup contro il Livorno, a Livorno. Claudio prese il cellulare che era in carica sul comodino. Erano le due di notte. Gli scrisse un messaggio.

In culo alla balena pe' domani. Fateli neri! Ho guardato i tabelloni e voglio Felsina-Modena alle semifinali di Coppa Italia!

Era un messaggio paradossale, ovviamente. Né il Modena né tantomeno il Felsina avevano la benché minima speranza di arrivare in semifinale. Avevano poche speranze di passare persino il secondo turno eliminatorio. E per arrivare in semifinale, tra l'altro, il Felsina avrebbe dovuto affrontare anche la Lazio di Tiziano, agli ottavi. Una prospettiva che non turbava Claudio, proprio per la sua improbabilità.

Una volta eliminati dalla Tim Cup, al Felsina rimaneva la Coppa Italia di Serie C: la fase eliminatoria a gironi l'avrebbero saltata, perché erano già qualificati per meriti di classifica, avrebbero giocato il primo turno a eliminazione diretta i primi di ottobre. Lajovic aveva detto più volte di tenere molto a quella competizione e di puntare alla vittoria.

Due spunte grigie segnalarono a Claudio che il messaggio era stato recapitato. Simone aveva il telefono ancora acceso, probabilmente con la suoneria spenta. L'avrebbe letto l'indomani.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora