97. Meglio di Zlatan

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12 gennaio

E finalmente è arrivato.

lI giorno della partita.

Claudio osservò l'autobus, il nuovo autobus societario che il presidente Richter si era deciso a comprare.

Bianco, rosso e blu, con la scritta Felsina F.C. sulla fiancata e lo stemma del club.

Era bello, lucido, nuovo.

Era la sera del 12 gennaio. Stavano partendo alla volta di Roma.

Lo stadio Olimpico.

Giocherò nello stadio della Roma. Coi tifosi del Felsina nella curva ospiti. Che sarà la Sud. La curva della Roma.

Avrebbe potuto chiudere gli occhi e far finta di essere un giocatore della Roma.

«Tutto bene, Claudio?» Artemide Vinci posò una mano sulla sua spalla e gli sorrise.

«Benone!» disse lui sollevando un pollice guantato. Nuvolette di vapore si condensarono davanti alla sua bocca.

«Guarito dall'influenza?»

«M'ha rotto le palle giusto giusto er periodo de pausa. M'è toccato passà le vacanze tappato in casa...»

Artemide rise. «Ma adesso ti senti in forma?»

«Come non avessi avuto niente!»

«Dai! Anzi... daje! Sono sicura che giocherai un'ottima partita!»

La donna fece per allontanarsi, ma Claudio la fermò. «Ehm... posso chiederle una cosa? Ci sono notizie di Fabrizio?»

Artemide fece una smorfia contrita. «È ancora in clinica. Nemmeno noi possiamo parlare con lui.»

Claudio annuì.

Appena tornati a Bologna dalla pausa, la squadra aveva ricevuto una notizia a dir poco sconvolgente: Fabrizio si era fatto ricoverare in una clinica di riabilitazione per una dipendenza sulla cui natura nessuno, al Felsina, aveva voluto dare chiarimenti.

Per Claudio era stata una sorpresa, ma non poteva dire di non averci pensato. Gliel'aveva persino chiesto, ma lui aveva negato tutto.

Appena saputa la notizia, Claudio non aveva potuto fare a meno di pensare a quella cosa che Fabrizio gli aveva detto proprio l'ultimo giorno che si erano visti, a fine dicembre: «A volte mi fa schifo ripensare a quello che facciamo.» Fabrizio era stato sotto l'effetto di droghe, durante i loro rapporti sessuali? Se era vero, Claudio non l'aveva mai nemmeno lontanamente sospettato, e ora, navigando tra i ricordi, non avrebbe saputo dire se non se n'era accorto perché Fabrizio era bravo a nasconderlo, o perché Claudio era troppo poco interessato a lui.

Era in pena per lui, in quel momento. Ma era la stessa pena che avrebbe provato per un vecchio amico. Un vecchio amico che non vedeva da tanto tempo. Non si era mai davvero affezionato a Fabrizio.

Non era una bella storia, e pensarci gli dava la nausea.

Mentre, suo malgrado, ci pensava, Artemide Vinci stava finendo il suo giro tra i giocatori, a regalare parole di incoraggiamento a destra e a sinistra. Sembrava tenere molto a quella gara, persino più di Lajovic, anche se era sicuramente consapevole del fatto che non avevano la minima possibilità di vittoria.

Salirono finalmente sul pullman.

Dai Castelli a Bologna, per ricominciare gli allenamenti, appena qualche giorno prima, col suv del padre (la R4 era rimasta sui castelli perché serviva alla madre). E adesso di nuovo a Roma. Uno strano andirivieni.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora