123. Il cuore fuori dal petto

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Simone lo baciò, e baciandolo gli strappò il cuore dal petto a mani nude.

Gli ruppe la carne e le costole, e se lo ficcò in bocca, lo inghiottì. Inghiottì Claudio, interamente. 

E poi la luce si riaccese, nella sua mente.

Quanto tempo era passato? Claudio ebbe l'impressione che il suo tempo si fosse fermato, e quando riprese controllo della propria coscienza, si sentì diverso. C'era qualcosa di diverso, di estraneo, dentro di lui. Era come se qualcuno avesse preso i suoi ricordi e le sue emozioni, ci avesse aggiunto qualcosa e avesse agitato il tutto come un cocktail.

Simone l'aveva baciato.

Gli aveva strappato il cuore dal petto a mani nude.

Gli aveva rotto la carne e le costole, e se l'era mangiato.

Poi dolore, tanto dolore, e d'improvviso, rapidamente, si stavano adesso ricostruendo, come tessere di un mosaico, i ricordi di ciò che era appena successo.

E con straordinaria lucidità Claudio ricordò, come fosse un film, l'ultima mezz'ora: Serafin che gli iniettava il filtro, facendogli perdere controllo delle proprie pulsioni, i prismi che uscivano dalla sua testa, lui che cercava di rimetterli dentro, e poi...

E poi arrivava Tiziano, e Claudio aveva provato la più totale e devastante attrazione avesse mai provato, un'attrazione che andava al di là del sesso, un desiderio di annullamento che non riusciva a spiegarsi.

E poi confusione, buio, buio, nulla, e da quel nulla era emerso Simone, che l'aveva trascinato in un viaggio attraverso la loro vita insieme, un viaggio culminato in un bacio, un cuore strappato, macinato, rattoppato e rimesso a posto.

Con un pezzo in più che Claudio non riusciva a identificare e comprendere.

Aveva dei nuovi ricordi. Delle nuove nozioni. Claudio sapeva cos'era successo senza che nessuno glielo avesse detto. Sapeva che Artemide Vinci era una strega, sapeva della setta che lo voleva per farne un evocatore. Sapeva di avere tre desideri mai espressi. Sapeva che suo padre sapeva. E anche sua madre. E sapeva dei poteri di Simone.

Il bacio del vero amore...

Sapeva che Simone l'aveva salvato, con quel bacio, come in una fiaba. Ma non sapeva né capiva come e perché. Era una delle poche cose che non gli erano chiare.

Simone era lì, adesso, a terra davanti a lui. Claudio era seduto. Era caduto a terra, dopo che il cuore gli era stato strappato e restituito, e ora si stava faticosamente rialzando.

Chiamò il suo amico. «Simone...» Si accorse di aver perso la voce. Ricordò di aver gridato a squarciagola il nome di Tiziano.

Simone non rispose. Sembrava svenuto.

Claudio si trascinò verso di lui, gli diede qualche schiaffetto sulla guancia: gli occhi di Simone erano chiusi, le sue labbra erano bianche come gesso, e la sua pelle coperta da uno strato leggero di sudore. Ma dalla bocca emetteva un debole gemito.

«Simo'! Aripijate! Te prego!» Claudio lo scosse, con dolcezza.

Simone socchiuse gli occhi, che sembravano più chiari del solito. Poi aprì la bocca e le parole che sussurrò suonarono a Claudio familiari, ma allo stesso tempo fuori posto: «Per il potere di Greyskull...»

Poi Simone rovesciò gli occhi all'indietro e Claudio ne vide la sclera, prima che si chiudessero e che la sua testa crollasse lateralmente.

Claudio ebbe un attimo di puro terrore.

È morto?

Gli tastò la giugulare: il battito c'era, ma era debolissimo. Gli ascoltò il respiro: un filo quasi impercettibile.

Si guardò intorno, in cerca di un telefono per chiamare assistenza medica, ma il fisso presente nella stanza (una sorta di ufficio) era stato distrutto.

Doveva portarlo fuori di lì e chiedere aiuto.

Non aveva bene idea di quanto tempo fosse passato, ma era probabile che gli staff medici fossero ancora tutti dentro lo stadio.

Si alzò in piedi e dovette rimanere qualche secondo immobile per fermare il capogiro. Si sentiva stanco, più che debole, ma perfettamente in grado di portare Simone in braccio fino a fuori.

Aveva ancora indosso i parastinchi e le scarpe coi tacchetti. Sfilò i primi e scalzò le seconde, rabbiosamente: sul pavimento liscio peggioravano il suo equilibrio.

Si chinò sull'amico privo di sensi, infilò un braccio sotto la sua schiena, uno sotto le ginocchia e lo sollevò.

Era pesante, ma la paura che potesse morire da un momento all'altro pompava adrenalina ed energia nei suoi muscoli. La porta d'ingresso era già socchiusa, l'aprì con un calcio e uscì, pronto a dirigersi più in fretta possibile nemmeno lui sapeva dove. Pronto a gridare aiuto nella speranza che qualcuno udisse.

Ma non servì. Suo padre, sua madre, Marco Gaudenzi, Artemide Vinci e Margherita lo aspettavano fuori dalla porta.

«Claudio!» esclamarono all'unisono i suoi genitori.

«Simone! È morto?!» gridò Marco con orrore, e fu un grido che, inaspettatamente, commosse Claudio quasi alle lacrime.

«È vivo, ma dovete aiutarmi!» disse Claudio. «Non so cosa...»

Non proseguì. Fu interrotto da un allarme sonoro, proveniente dagli altoparlanti dello stadio.

Solo in quel momento si rese conto che insieme a loro, un po' defilati, c'erano tre uomini sconosciuti dall'aspetto cupo e minaccioso, anzi, no! Riconobbe uno dei tre: era Leonardo, il buttafuori infiltrato.

Come faccio a sapere che è un infiltrato?

E due persone mancavano all'appello.

La loro assenza contemporanea soffocò Claudio di angoscia.

Tiziano e Serafin.

Tiziano era uscito prima dalla stanza, molto prima degli altri. Claudio ricordava vagamente che Artemide gli aveva ordinato di uscire e lui era fuggito. Era fuggito da Claudio, che l'aveva aggredito. 

Era riuscito a mettersi in salvo? Claudio non lo sapeva.

Serafin Konjuh. Era assente anche lui. Non ricordava che fosse uscito dalla stanza. Era scappato? Quando? Era stato liberato da Leonardo? Claudio non lo sapeva. Sapeva solo che non era lì, e che anche Tiziano non c'era, e che Serafin era estremamente pericoloso perché in realtà era Ares, il fratello malvagio di Artemide Vinci.

Illusionista, seduttore, fitopate.

Sapeva tutto di lui. Sapeva il significato di quelle parole. Come faceva a saperlo?

E mentre rifletteva, un secondo allarme sonoro, e subito dopo una voce.

«Claudio Barazzutti.»

Una voce maschile fredda, stentorea. Un po' stridula.

«Chi sei? Chi è che parla?!» rispose Claudio.

Non era Serafin, di questo era certo.

«Non parlare, sciocco. Ti vedo, ma non ti sento.»

«Chi sei? Cosa vuoi?!» gridò ugualmente Claudio.

«Ho detto smetti di parlare! E ascolta: se vuoi rivedere vivo Tiziano vieni fuori. In campo, entro dieci minuti.»

Le note del vero amore

Perché mi volete bene, no? Come dite? Neanche un pochino? *sospira*

Dai. Simone è vivo. Per ora. Tiziano pure. Per ora. E Claudio sembra di nuovo a posto. Per ora.

Ci rileggiamo domenica sera/lunedì mattina. Scusate, ma la prossima settimana di nuovo solo due capitoli. A presto, e non scordate le stelline!

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora