16. Il miglior antidoto alle palle blu

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«Siamo noi! Volandri e Barazzutti. Non entrare, siamo nudi!»

Claudio lesse frustrazione, sul volto di Fabrizio. Inconfondibile frustrazione. E Claudio stesso si sentiva immensamente frustrato da quell'arrivo inopportuno.

«I vostri cazzi non mi interessano, fanciulli cari!» disse Artemide Vinci facendo capolino. Fortunatamente le docce erano divise una dall'altra da muretti bassi, che coprivano chi stava all'interno del cubicolo dalla vita in giù. Claudio si poggiò al suo con gli avambracci.

«Bonasera» le disse. Non la vedeva praticamente dal giorno in cui aveva firmato il contratto. La trovò particolarmente bella. Più bella del solito, e si stupì di pensarlo.

«Cosa ci fate ancora qua?» Artemide chiese loro con aria allegra. Poi li guardò, li studiò: prima Claudio poi Fabrizio, che si era anche lui appoggiato al muretto della doccia di fronte a quella di Claudio. Gli sembrò che ci fosse una punta di sospetto, nel suo sguardo.

Brava, hai capito tutto.

«Barazzutti si è fermato ad allenarsi e io gli ho fatto compagnia» spiegò Fabrizio.

«Te l'ha detto Lajovic di prolungare la seduta?» Artemide Vinci chiese a Claudio.

«No. Faccio pe' i cazzi mia, Lajovic nun me se caca.»

Artemide scosse la testa. «Attento a fare di testa tua, poi finisce che ti infortuni...»

«Non faccio niente di pesante» ribatté Claudio. Trovò, invece, inverosimilmente pesante scambiare quelle battute con lei. Sentiva ancora nell'aria la tensione di poco prima, e sentiva un'urgenza immediata di scioglierla, placarla, sfogarla. Si sentiva eccitato senza esserlo completamente. Impaziente.

Ma quella sera non avrebbe trovato sfogo. Fabrizio prese l'asciugamano, se lo legò in vita e uscì dalla stanza. Anche la Vinci salutò Claudio e uscì, subito dopo Fabrizio. La sentì parlare con lui nell'altra stanza.

Claudio rimase lì. Sciabattò un calcio contro il muretto.

Finì di sciacquarsi, aveva ancora addosso un po' di sapone. Attese qualche minuto di sentire la voce della donna spegnersi. Quando infine uscì dalla sala docce, trovò Fabrizio ancora mezzo bagnato, ma con già indosso una maglietta e dei pantaloncini puliti, in evidente procinto di andarsene. 

 Aveva talmente tanta prescia che s'è cambiato davanti a lei?

«Sono stanco morto, scusa» disse mentre raccoglieva frettolosamente le sue cose. «Ti do buca per l'uscita al pub. Ci vediamo domani.» 

Claudio non fece nemmeno in tempo a ribattere qualcosa, l'altro era già uscito, senza guardarlo nemmeno per un istante negli occhi.

'O sapevo che se cacava addosso...

Claudio si cambiò, sentendo una specie di rabbia sorda montargli dentro. Non era solito fissarsi sulle scopate o conquiste mancate, e non era il tipo da fare drammi per le cosiddette "palle blu" (una bella pippa risolveva il problema), ma quella sera era diverso. Nel momento stesso in cui aveva cominciato a provare desiderio per lui, il desiderio si era trasformato in bisogno.

Bisogno di contatto umano, pensò con tristezza.
Madonna che squallore, scopare per non stare soli.

Si sentì disgustato da se stesso. E si sentì disgustato dal fatto di sentirsi disgustato.

Ma che cazzo me pija stasera? Le paranoie alla seconda?
Era 'na scopata, cazzo.
Sto a caricà 'na cazzo de scopata de un milione de significati.

Tornò al dormitorio, sentendosi più nervoso a ogni passo che lo avvicinava alla sua stanza. Avrebbe appoggiato le sue cose e sarebbe uscito a mangiare un boccone. Quando aprì la porta della camera fu accolto da un intenso odore di fumo. 

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora