108. Le espressioni di Laura sul volto di Lorenzo

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«L'hanno preso! Oddio, non ci credo, l'hanno preso davvero!»

«Cosa ti sta dicendo?»
«Come ci sono riusciti?»
«Quando è successo?»
«Non si è visto niente, da qui!»

Simone e Marco stavano tempestando Laura di domande, ma lei fece loro segno di stare zitti. «Aspetta... sì... sì...» Stava parlando al telefono con Lorenzo, che era sceso nella zona di transito dei giocatori circa dieci minuti prima del quarantacinquesimo.

Il primo tempo era finito sul tre a zero per la Lazio. I giocatori erano usciti e nulla di strano era successo. Laura aveva assistito alla fine del primo tempo dal limitare della tribuna, a ridosso della balaustra, lasciando Simone e Marco ancorati alle loro poltrone dall'incantesimo coercitivo di Artemide Vinci. Voleva perlustrare i movimenti degli addetti ai lavori, tutte quelle persone invisibili agli spettatori - che avevano occhi solo per le star in campo: i manutentori, i raccattapalle, lo staff medico, gli addetti alla sicurezza, hostess e steward, venditori ambulanti... erano tutti ruoli perfetti per nascondere l'identità di un mago con cattive intenzioni. Laura e Lorenzo si erano messi d'accordo: lei avrebbe tenuto d'occhio la situazione dall'alto, lui da vicino. Erano rimasti tutto il tempo in comunicazione telefonica attraverso gli auricolari dei rispettivi telefoni. Simone non sapeva cosa si fossero detti mentre Laura era distante, alla balaustra, e a giudicare dall'atteggiamento tranquillo che aveva mantenuto, era quasi certo che non fosse accaduto nulla di eclatante.

Ma Simone si era tranquillizzato del tutto (quasi del tutto) solo quando Laura, diversi minuti dopo la fine del primo tempo, era tornata da loro con quella notizia: la gendarmeria aveva  catturato il "papa". Non aveva però offerto ulteriori spiegazioni, era ancora al telefono con Lorenzo.

«Ci vuoi spiegare sì o no?» sbottò infine Simone, in tensione per l'attesa di capirci qualcosa.

«Un attimo!» Laura annuiva, mentre ascoltava qualcosa tenendosi una cuffietta ben premuta all'orecchio. «Ok... me l'hai mandato?... sì... sì, ok, glielo mostro. Simo, devo farti vedere una cosa.»

Simone si drizzò sulla schiena, attentissimo, e guardò lo schermo del cellulare che Laura gli stava porgendo. C'era la foto di un uomo: faccia rotonda, arcigna, occhi scuri, capelli brizzolati e fronte alta. A Simone non diceva nulla. «Chi è?» chiese.

«Il capo dei capi. Il papa. Lorenzo voleva sapere se lo riconosci. Se era la stessa persona che...»

«Io non l'ho visto, il papa, non ricordi?» la interruppe Simone. «Ne avevamo parlato... sono stato tutto il tempo steso a terra, immobile, e davo loro le spalle. Ho visto solo la donna.»

Laura si portò una mano all'orecchio. «Hai sentito?... sì... sì... ora glielo chiedo: Lorenzo mi dice di chiederti se non sei riuscito a vedere nemmeno un piccolo particolare, chennesò, un pantalone, una scarpa... guarda, mi ha mandato un'altra foto a figura intera. Comunque sta venendo qui, tra poco ci parli di persona.»

Simone sospirò. Guardò la seconda immagine, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla: ritraeva lo stesso uomo a figura intera, scortato da due gendarmi, uno dei quali era Artemide Vinci in persona. Simone lo guardò con attenzione, ed ebbe per un attimo l'impressione che ci fosse qualcosa che non andava, in quell'immagine.

«Scusa, posso prenderlo?» chiese a Laura, che gli porse il telefono.

Simone osservò la foto. Zumò con le dita, la guardò nei minimi particolari, da vicino, da lontano, testa, piedi, corpo, viso. Non riusciva a capire cosa ci fosse che non andava.

Ma qualcosa c'era.

No, dev'essere una cazzata...

Io non l'ho mai visto, 'sto tizio. Non ha senso che mi metto a esaminare 'sta foto come se potessi capirci qualcosa, ragionò.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora