31. One man staff

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Claudio deglutì e cercò di calmare il turbine che gli stava sconquassando il petto. Non riusciva a capire se fosse un turbine di felicità o di disagio. Probabilmente entrambe le cose.

«Sei completamente impazzito» disse infine.

«Me ne rendo conto.»

«No, pa', seriamente... ma che te pijia? Cioè... te rendi conto che gioco in serie C? Nun so' Messi, e nun lo diventerò mai. Te pare che me serve un allenatore personale?» Scosse la testa. «Ma non riuscirò mai manco a diventà bravo come Simone. Faccio fatica a capì perché m'hanno pigliato, in 'sta squadra der cazzo... Il mio livello è l'Eccellenza.» Me lo diceva sempre anche Tiziano. «Se non fossi venuto qua, avrei giocato in serie D pe' bucio de culo, una stagione, poi saremmo stati retrocessi, e la cosa sarebbe finita lì. E poi... e poi tu giochi a tennis, cazzo, non a calcio! Che ce capisci de calcio? Sei pure da 'a Lanzie, è palese che nun ce capisci un cazzo, de calcio.»

«Punto primo, ho giocato a calcio da pischello ed ero pure bravino. Solo a tredici anni ho scelto di dedicarmi completamente al tennis. Punto secondo, mi occuperei principalmente della tua preparazione atletica, non della tecnica, e de preparazione ce capisco, fidate. Me sto già a legge dei manuali de preparazione pe' calciatori...»

Claudio sgranò gli occhi. «E il lavoro ar circolo? Li poi mollà così su due piedi? Non sei tesserato? Non giochi la serie A?»

«Nu  te preoccupà der lavoro, ho già preso contatti con un circolo di Bologna dove lavora un mio vecchio collega.»

«Hai già deciso tutto, quindi. E se dico di no?»

«Non ho deciso niente. Non ho preso impegni.»

«I manuali de preparazione atletica però l'hai comprati...»

«Quelli all'inizio li ho pijati pensando di aiutarti a distanza... però a distanza non funziona. Se voi fà sport seriamente, c'hai bisogno de quarcuno che te stia addosso. Fidate. Pure Nadal, a trentacinque anni, c'ha ancora l'allenatore e er preparatore e lo staff che lo seguono. Figurati tu, che di anni ne hai ventuno e ci hai la voja de metterte sotto tipo vecchietta appena operata all'anca. E comunque non avevo finito coi punti. C'è un punto terzo del mio elenco ed è il più importante di tutti.»

«E quale sarebbe?» Claudio incrociò le braccia.

Il padre prese un respiro e abbassò la testa. «Quei tre anni che ti ho fatto da istruttore di tennis, quando eri bambino, sono stati...» Si fermò. Mosse lo sguardo a destra e sinistra, come se stesse cercando davanti a sé qualche stimolo, qualche idea per terminare ciò che stava dicendo. «Voglio dire... Ok, ricomincio da capo.» Si schiarì la voce. «Mi piaceva, allenarti. Mi dava soddisfazione.»

Claudio strinse i pugni, irritato da ciò che il padre aveva appena detto.

Ti piaceva talmente tanto che a 'na certa hai deciso di sbolognarmi a un altro coach...

Lo pensò, ma non lo disse. Era una cosa di cui non voleva parlare. Il padre gli aveva chiesto molte volte perché avesse deciso di smettere con le lezioni di tennis, Claudio non glielo aveva mai spiegato.

Se non ci arriva da solo significa che è ancora più stronzo di quel che pensavo, si diceva sempre.

Suo padre, ovviamente, non ci era mai arrivato. Non aveva mai capito. Aveva continuato a pensare che semplicemente a Claudio non piacesse il tennis, quando quella era solo una parte della spiegazione. La parte meno importante. 

La verità era che Claudio si era sentito messo da parte.

«Eri così bravo...» proseguì il padre. «C'avevi un rovescio a due mani fantastico, te veniva così naturale... e te lo dice uno che odia il rovescio a due mani. E poi alto come sei avresti avuto sicuramente anche un ottimo servizio. Che peccato che hai mollato...»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora