86. I mille volti dell'illusione

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31 dicembre

Simone si strinse nel cappotto e aggiustò gli occhiali sul naso.

Faceva freddo. Fuori e dentro di lui. Il cielo era grigio, come grigio era l'edificio della Biblioteca Nazionale.

Siamo sicuri che sia una buona idea?

Aveva fatto molte ipotesi su chi potesse essere il misterioso illusionista. Una di quelle che lo stuzzicavano di più era che fosse la donna della Polaroid: secondo Simone era anche lei un'illusionista.

Era la presenza costante che appariva accanto a Claudio nei momenti più inaspettati. E secondo Simone non era un caso che né Claudio né Marco né lo stesso Simone l'avessero mai notata di persona. Simone aveva una teoria, in proposito. E quella teoria era il motivo per cui si era portato dietro gli occhiali da "voyeur pervertito" (come li aveva definiti Marco).

La prima volta era accaduto allo stadio di Tor Bella Monaca: il volto della donna era apparso nelle foto pubblicate online, ma né Simone né Claudio l'avevano notata sul luogo. La seconda volta al battesimo di Claudio: la sua figura bruttina e ordinaria appariva nelle foto vestita da cameriera, ma Claudio ricordava solo splendide cameriere pettorute. La terza volta, la più dubbia, nel riflesso degli occhiali di Marco, fuori dalla lavanderia del Felsina: Marco diceva di ricordare una donna bionda, ma la figura che appariva nel riflesso sembrava proprio lei.

Ripassando i propri appunti, Simone rilesse con attenzione tutto ciò che si era segnato sui tecnopati e sulla manipolazione magica di artefatti: era un'arte magica imperfetta, che non consentiva di operare in maniera dettagliata. «È possibile rompere un orologio, ma non aggiustarlo, perché aggiustarlo significherebbe agire sulla meccanica. E la magia agisce solo sulla forza vitale.» Erano, più o meno, le parole che aveva detto lui stesso a Marco per spiegargli quel tipo di magia. La forza vitale presente sugli artefatti era forza di trasferimento, residuale, derivata dall'azione umana di creazione e uso di quegli oggetti.

Se questo era vero, le illusioni potevano agire sui mezzi di riproduzione? Telecamere, videocamere, apparecchi di registrazione... Secondo Simone: no. E il fatto che la misteriosa donna della Polaroid apparisse sempre in foto, ma non fosse mai stata vista di persona corroborava questa teoria: le foto — le riproduzioni meccaniche — rivelavano il suo aspetto.

C'era, però, una falla di non poco conto, nella teoria di Simone: la voce. La voce che Simone aveva udito al telefono, durante le telefonate con l'illusionista, gli era sembrata proprio la voce di Marco, in un caso, e di Tiziano nell'altro. Ma se gli apparecchi di riproduzione non erano ingannabili da un'illusione, come si spiegava?

Potrebbe esserci una spiegazione non magica, aveva riflettuto Simone, potrebbe essere una brava imitatrice, oltre che un'illusionista...

Ma poteva una donna imitare la voce di un uomo?

Sì se era una donna dalla voce molto bassa. O se usava qualche mezzo elettronico di distorsione vocale. Ed era vero che la voce, al telefono, perdeva molte delle sue caratteristiche più raffinate, quindi era più facile da imitare. Ma gli sembrava comunque piuttosto complicato.

Era precisamente questa la ragione per cui non era sicuro al cento per cento che fosse proprio lei. Se la voce doveva essere imitata "fisicamente", era più probabile si trattasse di un uomo. Quindi un mago diverso. Una presenza minacciosa di cui non aveva tenuto conto.

Simone prese un respiro per farsi coraggio. Diede un'occhiata alla registrazione in corso sul cellulare, fece un fermo immagine e guardò coi suoi occhi le persone nel cortile, davanti all'ingresso. Sembrava tutto identico, scena e persone: nessuna illusione in corso (sempre che la sua teoria sui mezzi di riproduzione fosse corretta).

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora