114. Ci vediamo tra dieci minuti

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«Luca? Sono io, Tiziano!» Tiziano rise. Una risata cristallina. Claudio detestò ogni singolo tintinnio di quella risata. Odiò l'idea che Tiziano adesso ridesse insieme a un altro. «Lo sapevo che avevi già recuperato il cell... no, io sono in una delle salette dell'antidoping, l'ultima in fondo al corridoio, quella con il bagnetto della morte.» Rise di nuovo.

Il bagnetto della morte doveva essere il riferimento a qualche battuta privata tra Tiziano e Luca.

C'hanno pure il lessico famigliare! Li odio!

«Devi... sì, sto bene... sì... sì» Tiziano roteò gli occhi. «Sto benone, ti ho detto!»

Si preoccupa per lui! Dio, che insopportabili piccioncini!

«Sì, è qui con me... sta bene anche lui, grazie. Senti, sei già in spogliatoio?... Ah, sei qua fuori? Allora entra un secondo ché te lo presento! E poi ti devo anche chiedere una cosa... No, te la chiedo di persona, visto che vieni... Ok... Ok, ciao... ciao.»

Me lo presenta? Ma chi lo vuole conoscere, quel laziale di merda?

Tiziano appoggiò il ricevitore al telefono: aveva chiamato Luca dal fisso presente nella stanza.

Si ricorda pure il numero a memoria!

Tiziano si massaggiò le braccia. «Fa freddino, eh? Non vedo l'ora di fare la doccia... Sudati come siamo, se rimaniamo così ci viene un accidente. Tu non hai freddo?»

Claudio avrebbe voluto assaporare il momento e prendere in giro quella frase di Tiziano. Così inconfondibilmente tizianesca. Tiziano il precisino che si preoccupava di prendere un raffreddore. Tiziano che si metteva sempre la maglietta della salute infilata nelle mutande.

Oh, Tiziano...

Ma la magia fu rotta dalla porta che si apriva. 

«Sei già qui!» esclamò Tiziano in tono allegro.

«Oh, ma che cazzo è successo? Ho visto un video... chi cazzo erano quei du' stronzi?» Nargiso non era allegro. Sembrava preoccupato. Chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò a Tiziano e Claudio, ancora seduti uno di fronte all'altro.

Te prego, nun to'o pomicià davanti a me... 

Per fortuna non lo fece. Si piazzò a gambe larghe a mezzo metro da loro e puntò i pugni ai fianchi. Tiziano agitò una mano in aria e scosse la testa. «Tutto a posto, due spostati omofobi...»

Nargiso fece ondeggiare la testa, poi si rivolse a Claudio e con la mano tesa lo mandò a quel paese. «Tu e i tuoi coming out...» Poi sorrise, un volgare sorriso a bocca larga. «Oh, piacere, comunque. Luca.» Allargò la mano e la porse verso di lui. Claudio gliela strinse: non voleva fare la figura dell'astioso.

«Piacere» rispose. Ma non ricambiò il sorriso.

«Complimenti per il gol!» disse Luca. «Da laziale a romanista, complimenti sinceri.»

Il fatto che il suo sorriso fosse amichevole e caloroso lo rese ancor più detestabile agli occhi di Claudio.

«Ho sentito parlà talmente tanto de te che me pare de esse 'n amico tuo, guarda» proseguì Luca, ridacchiando.

Amico er cazzo...

Claudio continuò a non parlare: sarebbe stato ipocrita da parte sua rispondere in tono amichevole. Ma non voleva nemmeno essere acido. Quindi si sforzò di produrre un sorrisetto, e rimase in silenzio.

Osservò il tatuaggio che spuntava dal collo di Luca: delle rose spinate. Aveva visto diverse sue immagini a torso nudo e aveva il petto e la schiena completamente ricoperti di disegni, tra cui un'aquila ad ali spiegate, simbolo della sua fede laziale.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora