128. Me te magno l'anima!

2.5K 395 417
                                    

Il padre era svenuto.

Ma la sua anima era ancora lì. Quasi completamente staccata.

La madre di Claudio urlava. Gridava di dolore.

Posso salvarlo. Posso ancora salvarlo!

Claudio era immobile, tenuto fermo da un incantesimo e da quello che gli sembrava un gigantesco peso sul cuore.

Il peso di aver compiuto un atto orribile.

L'ho ucciso. L'ho ucciso con le mie mani!

Non si sarebbe mai perdonato. Mai finché fosse vissuto.

«Non volevo...» disse quasi senza fiato.

«Oh sì che lo volevi. Per un attimo l'hai voluto. Te l'ho letto negli occhi e nel pensiero» disse l'uomo rettangolare.

Claudio cercò di rimanere lucido, nonostante le emozioni gli stessero facendo perdere la ragione.

Simone l'aveva salvato. E non era uno psicomante. L'aveva fatto da solo, con la forza dell'amore, ma aveva agito alla cieca. Era quello il motivo per cui aveva fatto un disastro e spezzato la propria anima.

Io invece vedo. Capisco. So!
Posso ancora salvare mio padre!

«Bene» disse l'uomo rettangolare, con aria soddisfatta. «Il distacco è quasi completo. Ora metterò l'anima dell'evocatrice nel corpo del padre.»

Claudio, compiendo uno sforzo sovrumano, riuscì a muovere qualche fibra muscolare. Le spinte casuali dei muscoli lo fecero ribaltare sulla schiena e riapparvero nella sua visuale Ares e Tiziano. Ares aveva smesso di puntare la sua arma — Tiziano giaceva ancora a terra privo di conoscenza — e stava facendo un passo verso di loro. Aveva un'aria così soddisfatta.

E accadde l'incredibile.

Tutti stavano guardando l'uomo rettangolare, alle prese col padre di Claudio.

Nessuno stava badando a Marco.

Marco il frocio parrucchiere non più tabagista buono solo a frignare. Marco con indosso dei jeans che gli stavano decisamente troppo larghi. E gli stavano calando.

Marco che era proprio dietro ad Ares.

Aveva in mano una cintura. Era la sua cintura, se l'era sfilata.

Marco alzò il braccio sopra la testa di Ares e vibrò il colpo con una violenza incredibile.

La fibbia di ferro che impattava sulla scatola cranica di Ares produsse un rumore secco un po' ovattato, e si mescolò a un urlo orripilato di Artemide. «Ares! No!»

«Questo è per quando hai rapito Simone!» gridò Marco.

Il colpo non fu sufficiente a tramortire Ares, ma lo fece barcollare. La pistola gli cadde di mano.

Ed esplose di nuovo la lotta.

Confusa, concitata.

Era il momento. Claudio cercò dentro di sé e la trovò, la famosa forza dell'amore. Con un grido riuscì ad alzarsi in piedi.

«Questo è per quando mi hai fatto pisciare addosso!»  sentì gridare a Marco in sottofondo. Claudio poteva udire i gemiti di dolore di Ares.

«Smettila! Non fargli del male!» implorò Artemide.

E poi fu Marco, a emettere un grido sofferente, qualcuno probabilmente l'aveva colpito con un incantesimo. «Credete che basti una scossetta al culo a fermarmi?!» disse con rabbia.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora