42. Gay, finocchio, ricchione, omosessuale

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Un mormorio improvviso. Voci che si sovrapponevano.

«Cosa ha detto?»
«No, non è possibile.»
«Ma sta scherzando.»
«Adesso ho capito i capelli rosa...»
«Cazzo, è vero! I capelli rosa! Mi ero dimenticato i capelli rosa!»

«Cosa significa "sono frocio"?» chiese Raul, con lo sguardo di chi stava ricevendo troppe informazioni difficili da processare.

«Frocio» ripeté Claudio. «Gay, finocchio, ricchione, omosessuale.» Raul continuava a fissarlo, sempre più inebetito. «Rottinculo, ciucciacazzi, me piace la nerchia, l'uccello, la minchia, devo continuà coi sinonimi o il concetto è chiaro?»

Lajovic sembrava aver perso tutte le parole. Aveva gli occhi sgranati e respirava rapidamente. Doveva essere la prima volta in vita sua che assisteva a un coming out.

Claudio sospirò. Si sentì come la prima volta, a diciassette anni, quando aveva rivelato in un colpo solo a tutto lo spogliatoio di essere gay e di aver fatto un pompino a Tiziano. Si sentì sollevato, libero.

«Mi spiace non averlo detto prima. È una cosa che di solito metto in chiaro subito.»

«Che succede?» mormorò un compagno che entrava in quel momento. Claudio non riuscì a udire le risposte bisbigliate.

Lajovic sembrò finalmente riscuotersi dalla trance, rivolse a Claudio uno sguardo torvo. «Se stai scherzando, questo è il momento di dirlo.»

«Non sto scherzando.»

«Se ti becco a provarci con un tuo compagno...»

«Non sono interessato a provarci con uomini etero.»

Lajovic strinse le labbra, serrò le mascelle. «Be', tanto per cominciare, d'ora in avanti ti cambi nello spogliatoio ospiti» disse indicando la porta con un dito.

Claudio sfidò i compagni. «Se loro sono d'accordo, va bene.»

I compagni non risposero, si guardarono l'un l'altro, titubanti. Persino Gus, che di solito era sempre uno dei più spavaldi e sicuri di sé, sembrava incerto. C'era anche Fabrizio, Claudio non si era accorto quando fosse entrato, e anche lui aveva lo stesso sguardo incerto di tutti gli altri.

Marco non era incerto. Era terrorizzato. Se ne stava seduto sotto il suo armadietto, con il borsone sulle ginocchia, come se potesse proteggerlo dagli sguardi degli altri.

Ha paura che gli faccio outing davanti a tutti?

L'unico che disse qualcosa fu Serafin. E tirò in ballo proprio Marco. «Ah, ma allora è vero che gli sborravi nei capelli ogni mattina?» Rise.

Stava ricordando la battuta che Claudio aveva fatto la sera della cena sociale, quando aveva umiliato Marco davanti ai compagni dandogli del frocio parrucchiere tabagista.

«Cazzo, è vero! Erano in stanza insieme, 'sti due...»

Marco socchiuse le labbra, sgranò gli occhi, arrossì. Si guardava freneticamente a destra e a sinistra con l'evidente desiderio di sparire nel nulla.

«È il tuo fidanzato?» Lajovic chiese brutalmente a Claudio.

Claudio ridacchiò. «Ma chi? Er parrucchiere tabagista?» Indicò Marco. «Regà... lasciatevelo dire, voi de froci nun ce capite popo un cazzo. Quello è er più etero da'a squadra.»

Ci furono delle grasse risate, Marco sembrava sempre più terrorizzato, probabilmente pensava che Claudio stesse costruendo un'elaborata presa in giro. Ma le intenzioni di Claudio erano diverse.

Si fece serissimo. «Non sto scherzando» disse gravemente.

Le risate si smorzarono.

Claudio sospirò. «Ma l'avete visti i calciatori de serie A come se conciano? Ci hanno dei capelli che sembrano uno più frocio dell'altro...» I compagni sembravano ancora poco convinti. «Ok... ok, famo 'sta figura de merda: sapete perché me ne so' annato dar convitto? Perché 'sto stronzo se portava in camera 'na pischella diversa ogni sera. E io me dovevo cacà er cazzo e dormì in corridoio.»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora