53. Il make up artist

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Marisa si era licenziata.

«Non ci posso credere...»

«Dai, magari è solo una coincidenza. Le mitiche del team laundry mi hanno detto che era una tipa un po' losca e non dava confidenza a nessuna. Probabilmente si trovava male...» disse Marco. Fece una pausa per accendersi una sigaretta, mentre Simone rimuginava mangiucchiandosi una pellicina sul pollice. «E comunque,» proseguì Marco, «secondo me ti sei sbagliato. Non preoccuparti troppo. Era un riflesso deformato su un paio di lenti colorate, il viso non era riconoscibile. È stata la tua paranoia a fartela vedere.»

Simone sospirò. «Dimmi la verità... pensi che sia pazzo?»

Marco diede un lungo tiro alla sigaretta che si era appena acceso. Poi parlò. «Ok. Sincero? L'altra sera, quando mi hai raccontato di questa tipa misteriosa e che ti sei messo a stalkerare mezzo Felsina per controllare che Claudio non fosse in pericolo, ho pensato due cose. Uno: voglio anch'io un ragazzo che si preoccupi così tanto per me...» Marco fece un teatrale sospiro mentre Simone roteava gli occhi. «E due: questo sta sclerando malissimo.»

Simone abbassò la testa. «Lo so. Claudio mi direbbe che mi faccio paranoie senza senso. Ah, quanto vorrei che fosse qui e mi tirasse una bella pizza in faccia per riportarmi coi piedi per terra!»

«Il problema è... come cazzo fai a tornare coi piedi per terra? Sei un mago! Il mondo di Harry Potter è appena diventato la tua realtà!» Marco portò le mani alla testa e poi le allontanò rapidamente, a mimare una specie di esplosione, il fumo della sigaretta che svolazzava tutto intorno a lui.

«Tipo,» continuò Simone, «adesso sto pensando che ho fatto male a raccontarti quelle cose sulla donna della Polaroid, perché non mi fido ancora al cento per cento di te. Cioè, io lo so che sei innocuo e con il mondo magico non hai nulla a che fare. Lo so! Non è possibile! Saresti un attore troppo bravo e... e poi cosa potresti volere da me? Non è che sono il prescelto o cazzate simili. Sono solo un ragazzo sfigato e imbranato che si è ritrovato ad avere dei poteri sfigati che usa in modo imbranato. Però non riesco a fidarmi al cento per cento di te. Il dubbio ce l'ho sempre, lì, che mi mangia lo stomaco.»

Simone, in un momento di debolezza, sentendo la necessità di un confronto con qualcuno, aveva raccontato a Marco l'intero contenuto dell'email di Victor. Non solo la parte relativa al libro, anche quella sui poteri derivanti dai desideri. Così adesso Marco sapeva quasi tutto, e Simone, dall'istante in cui gliel'aveva detto, era stato tormentato dal dubbio di aver fatto male a rivelargli quei segreti.

«E me lo dici perché cerchi rassicurazioni?» lo prese in giro Marco con una smorfietta sarcastica.

No perché ho bevuto un paio di cicchetti prima di venire qui, e l'alcol scioglie la lingua che è un piacere.

«Lo sai, vero, che se io fossi un mago cattivo che vuole farti del male e tu me lo chiedessi io ti direi: nooo, sono solo un povero frocetto che gioca a calcio e sono capitato sulla tua strada per pura coincidenza.»

«Se stai cercando di rassicurarmi con l'umorismo, non ci stai riuscendo.»

Marco sghignazzò, mentre tirava l'ennesima boccata.

«Comunque no. Il motivo per cui te l'ho detto è che dicendolo ad alta voce spero di autoconvincermi che buona parte delle mie pare non ha senso.» Simone sedette sul bordo del letto, puntò i gomiti sulle cosce e affondò i pugni nelle guance. Si trovavano nella camera di Marco al convitto, la camera dove un paio di settimane prima si era svegliato in preda a uno dei doposbornia peggiori della sua vita.

Marco si ficcò la sigaretta tra le labbra, prese lo zaino di Simone e glielo porse. «Dai vez, tira fuori i materiali e facciamo quello che siamo venuti a fare...»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora