134. Show, don't tell

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Simone si sentiva scombussolato, sottosopra, come se il suo cervello fosse stato messo in un frullatore e poi ricomposto.

Ma ricordava tutto.

Abbracciò Claudio piangendo. Lo abbracciò a lungo, mentre riprendeva coscienza di sé e riordinava i pensieri.

Claudio non era svenuto, sembrava, piuttosto, profondamente addormentato.

Niente sarebbe stato più lo stesso, dopo quel giorno. Simone aveva perduto se stesso e si era ritrovato dentro Claudio. Si era fuso con lui. Non avrebbe rivissuto un'esperienza di comunione così profonda e totale con nessun'altra persona al mondo. E gli sembrava così giusto che, se era dovuto succedere, fosse successo con il suo migliore amico. La persona più importante della sua vita.

L'anima di Simone, ora, era di nuovo perfettamente a posto. Ma c'era qualcosa di diverso in lui. Di impercettibilmente diverso. C'era ancora qualche piccolo, minuscolo frammento di Claudio. Simone lo sentiva. Così come, probabilmente, c'era ancora qualche piccolo frammento di sé dentro Claudio. 

Avrebbe custodito per sempre in sé una piccola parte del suo migliore amico. E sarebbe stata la cosa più preziosa della sua vita.

Dopo parecchi minuti, uscì dalla stanza, aspettandosi che gli altri occupanti fossero tutti già andati a dormire. Invece stavano parlottando tra loro nel grande open space che faceva da ingresso e soggiorno di quella casa lussuosa. Visibilmente nervosi.

Fu Tiziano il primo ad accorgersi di lui. «Simone!»

«Simo!» esclamò Marco un attimo dopo, con gli occhi sgranati. «Dimmi che sei tu, dimmi che stai bene!»

Simone sorrise. «Claudio mi ha rimesso a posto.»

«È un pazzo...» udì Margherita dire, un attimo prima di essere sommerso da un abbraccio di Marco.

Gli aveva tenuto la mano, in macchina, Simone lo ricordava, quando a malapena sapeva chi fosse quel ragazzo dagli occhi scuri e l'unica cosa che gli veniva in mente, quando lo guardava, erano i saccottini al cioccolato. Gli aveva dato un bacio sulla guancia, poi, ed era stato un bacio che gli aveva trasmesso tanta gioia e calore, e aveva per un attimo illuminato i suoi pensieri oscuri.

«E Claudio?» disse Tiziano, in tono ansioso, avvicinandosi anche lui.

«È svenuto, tipo. Mi aiutate? Ce l'hai una vasca, Tizia'? Secondo me ha bisogno di un bagno.»

Tiziano e Marco lo aiutarono. Trascinarono Claudio in bagno: camminava, ma sembrava un sonnambulo. Lo spogliarono, lo fecero sedere nella vasca e lo lavarono, con Claudio che passivamente, ogni tanto, borbottava qualche parolaccia. Quando gli asciugarono i capelli, Marco insisté per pettinarglieli lui stesso.

«Guarda che Claudio è il tipo che li asciuga a casaccio rovesciando la testa in avanti e come viene viene» disse Tiziano.

«Ma ha dei capelli splendidi, potrebbe farsi delle zazzere spettacolari!» sospirò Marco facendogli la piega al ciuffo col phon. Claudio biascicò una frase incomprensibile che conteneva le parole «checca» e «parrucchiere», e si riaddormentò dopo pochi secondi nonostante il chiasso dell'asciugacapelli e Marco che continuava a pettinarlo. Il risultato finale dell'acconciatura era talmente ben riuscito che gli scattarono una foto.

Finiti i preparativi, lo misero a letto e gli rimboccarono le coperte. Dopo due minuti cominciò persino a russare.

«Dormirà parecchio» spiegò Margherita. «Probabilmente anche più di ventiquattr'ore. E si sveglierà affamatissimo.»

«Non è un problema» disse Tiziano.

Giunse finalmente il momento di andare a dormire. Erano quasi le tre di notte, a Simone sembrava fosse persino più tardi. Tiziano sembrava intenzionato a passare quel che restava della notte sul divano e lasciare Simone insieme a Claudio, ma Simone insistette: «Vorrei stare con Marco. Dormi tu insieme a Claudio, ti prego. Metti che si sveglia e si sente male? Non può stare da solo.»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora