22. Passione

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«Sei bellissima, baby...» disse Claudio, ammirando Artemide. 

Che cazzo sto a dì? pensò immediatamente. Baby?!

Si prese la testa tra le mani. Chiuse gli occhi.

«Cosa succede qui?» tuonò la Vinci. «Chi sei, tu? Cosa stai facendo?»

«I-io n-non mi sento tanto bene...» balbettò Fabrizio.

«Vattene! Esci immediatamente da questa stanza!»

«No...» mormorò Claudio. Sentire la voce di Fabrizio aveva riacceso il desiderio per lui: non doveva andare via!

Claudio alzò le palpebre appena in tempo per vedere il ragazzo uscire dalla stanza, e i suoi occhi furono immediatamente catturati dalla figura snella di Artemide. Fabrizio fu dimenticato all'istante: davanti a lui c'era la donna più bella e seducente su cui mai si fosse posato sguardo umano. Lo fissava negli occhi. «È passione ciò che leggo nelle tue pupille, bambolina?» disse Claudio.

Non appena quelle parole uscirono dalle sue labbra, Claudio capì che non erano sue.

«Claudio» disse lei, in tono gentile ma fermo. «Vieni con me.» Gli porse una mano. Claudio allungò la sua verso quella di lei. Ebbe l'impressione che ogni suo organo interno si stesse sciogliendo, tanta era la bellezza che emanava quella donna. 

«O Artemide... nome di dea... mai nome fu tanto perfetto per la creatura che lo portava...»

Udire le proprie parole gli diede di nuovo quella sensazione di straniamento. La sensazione di non essere in sé.

E fu in quel momento che comprese. Le sue dita sfiorarono quelle della donna. E con uno sforzo sovrumano, lo sforzo di volontà più gigantesco che ricordasse di aver mai compiuto in vita sua, le ritrasse. Ruppe il contatto. E semplicemente non toccandola gli sembrava già di essere più lucido.

«Cosa mi hai fatto?!» gridò, tenendo gli occhi serrati per non guardarla.

Un incantesimo.
Mi ha fatto un incantesimo, cazzo!
È una strega!

«Claudio, fidati di me. Prendimi la mano!»

La sua voce! Ah, che canto di sirena!
No! No! No! È un cazzo di incantesimo! Tu sei gay, cazzo! Nun te piacciono le femmine!

Claudio voltò la testa. Doveva uscire da quella stanza. Subito.

«Claudio, ascoltami!» gridò Artemide. Era arrabbiata, ma di nuovo la sua voce suonava dolce come zucchero.

Claudio si premette con forza le mani sulle orecchie e corse fuori. A testa bassa.

«Claudio! Cretino! Non puoi andartene in giro in questo stato!» gli gridò dietro lei.

Maledetta strega! pensò Claudio scappando da quella voce melodiosa. Dio quanto vorrei fermarmi e lasciarmi andare tra le sue braccia!

Ma quel semplice pensiero fu la forza che lo spinse a correre più rapido. Veloce come nemmeno in partita, durante uno scatto sulla fascia per andare in gol.

Alla sua destra c'era la sala ristorante. Percepì il vociare dei compagni. Lo ignorò, tirò dritto, verso l'uscita.

«Claudiooo!»

La voce della strega era più distante. La porta d'ingresso a due passi da lui. Claudio quasi la sfondò.

Il ristorante non era lontano dal centro sportivo, dieci minuti a piedi. Inizialmente Claudio pensò di andare lì, tornare al convitto, chiudersi a chiave in camera e aspettare che l'effetto dell'incantesimo svanisse.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora