45. La teoria di Marco

3.4K 450 570
                                    

«Soccia, che storia assurda!» Marco stava guardando Simone con l'espressione estasiata che avrebbe avuto un ragazzino di dieci anni di fronte alla più avveniristica e costosa delle console. «E tu e Camporese... uno più coglione di quell'altro! No, mi correggo: lui coglione. Tu stronzo.»

Una decina di campanelli d'allarme cominciarono a suonare nel cervello di Simone. «Aspetta un attimo... io non ti ho mai detto che il Tiziano dei desideri è Tiziano Camporese!» Scostò la sedia dal tavolo, turbato. «Come fai a saperlo?»

È un mago! Lo sapevo che è un mago!

Marco alzò le mani. «Calma, vez! Me l'ha detto Claudio. Proprio ieri sera, pensa... Soccia! Mi è appena venuta in mente un'intervista a Camporese che ho letto quest'estate, mi pare sulla Gazzetta, in cui parlava dei problemi di gioco che aveva avuto da ragazzino... e diceva che era colpa di un sortilegio!» Marco fece una breve risata. «Geniale! Tutti pensavano che scherzasse, invece era una frecciatina al qui presente stronzo.»

«Non era nessuna frecciatina» rispose Simone piccato. «Tiziano mi ha perdonato, per quella storia...» 

«Se l'ha fatto è un santo. Io non ci sarei maaaai riuscito.» 

E infatti io ancora non ci sono riuscito, a perdonare me stesso... 

Simone abbassò lo sguardo: il senso di colpa per ciò che aveva fatto ormai sei anni prima continuava a tormentarlo, e probabilmente l'avrebbe tormentato per sempre. 

«Eddai, non fare quella faccia» disse Marco in tono comprensivo. Simone alzò la testa e vide che gli stava sorridendo. «Avevi solo quattordici anni» proseguì. «Sei cresciuto e sei diventato una bella persona.»

Simone incrociò le braccia. «Inutile che fai l'amichevole. Non mi fido di te» ribadì per l'ennesima volta. 

Ma era una mezza bugia. Non era più tanto convinto della propria teoria sui poteri magici di Marco.

Prima di dirgli tutto, Simone aveva ponderato se affrontare a testa alta la minaccia di denuncia per violazione della privacy ed evitare di raccontargli la storia dei desideri, perché temeva di mettere in pericolo Claudio: se Marco era davvero un mago — come ancora un pochino sospettava — meno sapeva meglio era. 

Poi, però, aveva visto la registrazione di ciò che gli aveva detto la sera prima, da ubriaco, e si era reso conto di aver spiattellato sin troppe cose.

Aveva inoltre riflettuto sul fatto che se Marco fosse stato davvero un mago avrebbe quasi certamente potuto estorcergli ciò che voleva sapere con tecniche magiche (lettura del pensiero? sieri della verità?). Perciò si era rassegnato e aveva deciso di spiegargli più chiaramente, ma a grandi linee, ciò che era accaduto sei e quattro anni prima, limitandosi allo stretto indispensabile.

Riguardo ai sospetti che nutriva nei confronti di Marco stesso e alle cose successe a Claudio di recente, invece, Simone aveva omesso tutte le premesse: Maga Magò che moriva e diceva a Claudio di stare in guardia, la misteriosa donna della Polaroid e l'ancor più misteriosa lista di nomi e date legati alle tragedie. Si era limitato a sottolineare il comportamento strano di Claudio («Lui non è il tipo che scopa con ragazzi che non trova attraenti, e ti assicuro che non ti trova attraente») e gli aveva chiesto conto dell'incantesimo con cui Marco aveva trasmesso a Simone le sua capacità di risolvere il cubo di Rubik.

«Perché mai avrei dovuto fare una cosa così scema?» gli aveva risposto lui. «È un'assurdità, non ci sarebbe nessun motivo.»

E Simone doveva convenire: era effettivamente difficile trovare una motivazione sensata a un incantesimo del genere. 

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora