94. Margherita

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4 gennaio

La casa di Margherita era esattamente come Simone la ricordava.

Le sorelle, le chiamavano gli abitanti di Nemi. Quando, tanti anni prima, si era messo disperatamente a cercare Rosa per chiederle di rimediare ai disastri fatti coi desideri, aveva girato tutti i comuni dei Castelli chiedendo agli abitanti se qualcuno avesse visto una donna con il bizzarro aspetto di Rosa. Aveva quasi perso le speranze, quando una vecchietta di Nemi gli aveva indicato «la casa delle sorelle.» Simone aveva chiesto conferma, e anche altri abitanti del paese avevano dato segno di conoscerle. «Dicheno che so' du' streghe» gli aveva detto un uomo anziano con aria sospettosa.

Simone aveva seguito le indicazioni e si era inoltrato nel bosco, dove aveva trovato quella piccola casa.

«Se mi avessi chiesto di inventarmi la casa di una strega l'avrei immaginata esattamente così» disse Marco con aria ammirata.

«Avevo pensato la stessa cosa, la prima volta che l'ho vista.» Simone strinse il dizionario al petto: avevano letto diverse voci, durante il tragitto, e scoperto poco o nulla. I seduttori facevano ciò che Simone già sapeva (manipolavano i livelli ormonali). Gli psicomanti, invece, operavano sulle anime: potevano staccarle dal corpo, trasferirle da un corpo all'altro, fonderle tra loro... Era una magia che non violava il principio dell'intangibilità della morte: gli psicomanti non potevano uccidere. Staccando l'anima dal corpo, il corpo moriva, ma l'anima non spariva (cosa che accadeva invece con la morte vera e propria), diventava quello che veniva definita un'anima vagante o, con un termine insipiens, un fantasma.

Erano tutte informazioni interessanti, che però con Claudio avevano ben poco a che vedere.

«Mi sembra di essere in Hansel e Gretel, soccia. Non è che adesso ci mette in forno?» disse scherzosamente Marco incamminandosi lungo la stradina che portava all'ingresso.

«Quella era una casetta di marzapane...» commentò Simone.

La casa di Rosa e Margherita era di pietra. Simone non avrebbe saputo dire quale misteriosa forza fisica le impediva di crollare in un mucchio di massi. Forse la fitta trama d'edera che la ricopriva quasi interamente, fino al basso tetto di tegole rosse e muschiate. A rompere la facciata, una sola finestrella stretta e lunga, accanto alla porta di legno massiccio. Il comignolo fumante segnalava la presenza di qualcuno, all'interno.

Simone si fece coraggio e bussò.

Margherita aprì la porta in tutto il suo splendore: la pelle di porcellana, i capelli corvini iridescenti come il dorso di uno scarabeo, i grandi occhi blu dai riflessi violetti.

«Ti aspettavo» disse altera, rivolta a Simone.

«Wow, sei bellissima...» si lasciò sfuggire Marco. «Sento la mia omosessualità vacillare...» fece una risatina.

«So che questo non è il tuo vero aspetto» le disse Simone.

«Questo è il mio aspetto preferito. Ma se preferisci vedermi con la brutta faccia con cui sono nata, nessun problema.» Il suo viso e il suo corpo cambiarono davanti ai suoi occhi: la statura si abbassò, le proporzioni di seno e fianchi cambiarono, diminuendo il primo, aumentando i secondi. La luce dei capelli si spense, e il loro tono virò al castano. Gli occhi si scurirono, si fecero più piccoli, stretti, lievemente strabici. Il suo naso si ingrossò sulla punta, la sua bella bocca carnosa divenne una linea sottilissima, le guance si arrotondarono.

Era lei. La donna della Polaroid. In carne e ossa davanti a lui.

«Wow... ma... sei bravissima!» Marco fece un piccolo applauso.

«Grazie. Le illusioni applicate all'aspetto fisico sono la mia specialità. Se vi servono dei filtri di bellezza ne ho di eccellenti, in laboratorio. Vi avviso però che non funzionano in foto.»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora