«Tiziano? Dici che è tutta opera sua?» Marco sembrava preoccupatissimo.
«Non so. È la prima ipotesi che mi è venuta in mente.» Simone sospirò e si appoggiò al tavolo. «Com'era la storia dei funghetti che cagano?» disse, appoggiando la fronte al proprio braccio.
Sentì la mano di Marco sul collo, sulla nuca, che lo accarezzava. «E adesso?» proseguì Simone. «Che cazzo posso fare? Niente! Niente!» Gli occhi gli bruciavano, ma non voleva cedere alle lacrime: ultimamente aveva pianto davvero troppo.
«Non preoccuparti, Simo, vedrai che...»
«Come cazzo faccio a non preoccuparmi!» Simone, inaspettatamente, esplose. E gridò. Tutta la tensione, tutta la paura, l'angoscia, la tristezza... gli sembrava che tutti i sentimenti negativi del mondo si stessero riversando su di lui in quel momento, soffocandolo. «Ti rendi conto che ho studiato per due mesi e sul fronte Claudio sto a zero?! Anzi a meno di zero! A quanto pare è più in pericolo di prima, e magari è pure colpa mia e del mio giocare a Sherlock Holmes!»
Marco gli prese una mano, gliela strinse. Lo tirò a sé.
Appoggiò la fronte contro la sua.
«Non devi preoccuparti, Simo. Né per Claudio né per te. Faremo qualcosa. Non rimarremo in questa situazione, te lo giuro!» sussurrò.
Simone chiuse gli occhi, strinse forte la mano di Marco, la portò accanto alla bocca, la sfiorò con le labbra. Continuava a essere frenato da qualcosa, nemmeno lui sapeva cosa, e si maledisse per le sue paure, quando sarebbe stato così bello tirarlo a sé, baciarlo, fare l'amore con lui e non pensare più a nient'altro.
«Che cazzo sta succedendo qui?»
Simone si scostò da Marco, con l'impressione che il cuore gli si stesse arrampicando su per la trachea. Il padre di Marco era in piedi sulla porta della cucina. Li guardava. Storse la bocca e scosse la testa: la fronte corrugata, le palpebre spalancate... sembrava furioso. «Ma ti sembra il modo di gridare, in casa altrui?» disse rivolto a Simone.
«Mi scu...» accennò Simone.
«Ma perché devi sempre rompermi le palle quando porto i miei amici a casa?» sbottò Marco.
«Se i tuoi amici» disse il padre facendo delle virgolette con le dita, «non facessero scenate da femminucce isteriche alle dieci di sera, non verrei a romperti le scatole.»
Marco aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse, strinse le mascelle. Si alzò dal tavolo e si diresse a testa bassa verso il padre. «Fammi passare, io e Simone andiamo in camera.»
Il padre rimase fermo per qualche secondo, guardando il figlio con un'espressione addolorata. Poi indietreggiò di qualche passo per fargli spazio. Marco fece un cenno con la testa a Simone, che si alzò a sua volta e lo seguì. Quando passò davanti al padre di Marco non ebbe il coraggio di guardarlo: sentiva di avere il viso in fiamme. Lui, per fortuna, non disse altro.
Marco trascinò Simone in camera sua, e sbatté con violenza la porta, dopo che furono entrati. Emise un grido secco, una specie di ruggito.
Simone provò a calmarlo. «Eddai, non è niente. Aveva ragione sul fatto che non avrei dovuto urlare...»
«Ma vaffanculo, Simo. Credi che sia quello il problema?» E senza alcun preavviso scoppiò a piangere. Sedette sul letto, lasciandosi cadere e nascondendo il viso tra le mani. «Scusa, quando mi ci metto sono più frignone di te...» disse tra i singhiozzi.
Simone sedette accanto a lui e lo abbracciò.
E si mise a piangere lui stesso.
Marco ricambiò l'abbraccio e affondò il viso nel cappuccio della felpa di Simone.
STAI LEGGENDO
L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]
FantasyLa strega dei desideri è tornata, e non trova niente di meglio da fare che morire tra le braccia di Claudio. Da quel momento nulla sarà più come prima, e strani eventi iniziano ad accadere intorno a lui: donne misteriose che appaiono solo in foto, v...