106. La partita più importante

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Simone e Marco avevano assistito impotenti a circa quindici minuti di partita, insieme a Laura e Lorenzo. Avevano raccontato loro tutto ciò che era stato possibile raccontare, e si erano presi una bella ramanzina da parte di Laura, che era in parte d'accordo con Artemide sull'opportunità di agire da soli. «Capisco che eravate preoccupati, ma è stato un azzardo, avreste potuto davvero mettere Claudio ancora più in pericolo!»

Durante i primi minuti, Laura e Lorenzo avevano fatto a Simone e Marco molte domande a cui era stato impossibile rispondere. I genitori di Claudio non capivano l'improvvisa urgenza che Simone e Marco sembravano avere, il loro improvviso bisogno irrefrenabile di avvisare Claudio: dal punto di vista di Laura e Lorenzo la situazione non era cambiata, loro non sapevano del potenziale pericolo di strage, perciò non capivano il motivo del cambiamento nelle intenzioni dei due ragazzi. Simone si era stupito nel sentirsi giustificare le proprie azioni con argomenti quasi razionali che comprendevano eccessi di paranoia e prese di coscienza tardive: l'incantesimo coercitivo della Vinci funzionava sin troppo bene. Anche Marco aveva fatto più o meno lo stesso.

Un'altra domanda a cui Simone e Marco non avevano potuto rispondere, stavolta per ignoranza e non per coercizione, riguardava il loro arresto: in cosa consisteva? Li avrebbero portati in una "prigione magica" dopo la fine della partita? Esistevano istituzioni del genere? Non ne avevano idea.

Era quindi arrivato il turno di Simone. Anche lui aveva una domanda per i genitori di Claudio. Una cosa importante su cui aveva riflettuto durante i suoi mesi di prigionia.

Ma proprio mentre stava per interrogarli, arrivò uno stewart dello stadio con il kit di primo soccorso promesso dalla Vinci. Laura si mise subito all'opera ed esaminò il dito di Simone. 

«È orribile» disse senza mezzi termini. «Temo che dovrò staccarti completamente l'unghia, non ha senso che ti medico il dito in queste condizioni. Ma come te l'hanno fatto?»

«Non mi ricordo bene» rispose Simone. «Mentre mi medichi vorrei chiedervi una cosa.»

«Prima o dopo che ti stacco l'unghia?» chiese Laura con due non troppo invitanti pinze chirurgiche in mano.

Simone si morse il labbro. «Farà molto male?»

«Non più male di quando ti hanno staccato il primo pezzo... anzi, sicuramente meno male perché è già quasi del tutto...»

La fine della frase di Laura fu coperta da un secco grido di Simone.

«Fatto!» disse lei con un sorriso, mentre già sciacquava la ferita con dell'acqua fisiologica.

«Li mortè...» rantolò Simone. Il dolore era stato acuto e intensissimo, e ora, mentre Laura comprimeva con forza il dito, lo sentiva pulsare.  Non ricordava gli avesse fatto così male quando si era staccato il primo pezzo.

Ma quando è successo?

 «Che infermiera straordinaria...» stava commentando Lorenzo, con una punta di sadica ironia nella voce.

«Quindi, cosa volevi chiederci?» disse Laura, continuando a sciacquare il dito. «Parliamo, così ti distrai. Io devo tenere questo dito compresso per un po' per fermare l'emorragia.»

Simone, cercando di ignorare il dolore, fece mente locale. «Riguarda Claudio. Mentre ero prigioniero a casa della Vinci, pensavo alla partita e a un certo punto ho ipotizzato... sarebbe meglio dire, ho sperato che impediste a Claudio di giocare. Che scappaste insieme a lui, via da tutta questa pazzia, dalla gendarmeria, dalla setta...» 

...dalla strage che non posso nominare...

«...ecco, perché non l'avete fatto? Perché non lo avete tenuto al sicuro da qualche parte? Non sarebbe stato meglio? A voi che ve ne frega dei piani della gendarmeria?» 

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora