139. You'll never walk alone

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Quando Claudio si svegliò, era di nuovo giorno, e il letto era vuoto.

Si stiracchiò pigramente e si tirò le coperte addosso, mentre si alzava: faceva un po' freddo, nella stanza. Indossò la tuta che era rimasta ai piedi del letto: era a temperatura ambiente e gli fece venire la pelle d'oca.

Mentre faceva pipì gli sembrò di sentire la voce di Tiziano. Stava parlando con qualcuno in un'altra stanza.

Diede una sciacquata a mani e viso e scese al piano inferiore. Tiziano era seduto al tavolo grande che si trovava al centro dell'open space, e aveva il cellulare di Claudio posizionato davanti a sé, appoggiato a una pila di libri per farlo stare in orizzontale. Stava videochiamando qualcuno.

«Oh, eccolo, finalmente, il possessore dell'account!» esclamò appena vide Claudio.

«Eh?» disse Claudio. Di che cazzo sta a parlà?

«Stavo facendo delle prove di live su Instagram. Dal tuo Instagram.»

Claudio si immobilizzò con il piede sollevato, a metà della scalinata. «Cioè, famo a capisse: m'hai fottuto er cellulare e stai a usà er mio Insta pe' fà un live?»

«Sì, mi serviva il tuo, scusa. Vieni a salutare, ci sono già mille persone online.»

È impazzito? Non si rende conto che è sospetto, il fatto che usi il mio account e che io sia a casa sua?

Claudio si stropicciò gli occhi. Era ancora un po' rintronato dal sonno. Raggiunse Tiziano, alle spalle, si ingobbì e guardò in camera. «Milleducentotrentaquattro, li mortè...» Salutò con la mano. Poi, rivolto a Tiziano. «Che cazzo stai a fà?»

«Vieni, siediti. Sto a fà una cazzata. Aspettavo proprio che ti svegliassi per chiederti l'autorizzazione ufficiale a raccontare una storia.»

Claudio fissò Tiziano per parecchi secondi, cercando di esprimere disappunto e rottura di scatole. «Quale storia?»

«La storia dei tuoi capelli rosa.»

Claudio sentì la propria mandibola cadere. «Tizia'... sei sicuro?»

«Mai stato tanto sicuro in vita mia» rispose lui, lo sguardo determinato. «Allora, me la firma questa liberatoria, signor Barazzutti?»

Claudio guardò lo schermo del computer. Gli spettatori erano in crescita costante, in quel momento stavano toccando i milleottocento. Vedeva la finestrella dei commenti scorrere rapidissima, con un fuoco di fila di domande e battute, tra le quali lesse anche parecchi "froci", "finocchi", "rotti in culo".

Sentì lo stomaco contrarsi.

No. No, non lo fare, Tizia'. Sono delle bestie!
Ti meneranno. Lo faranno di nuovo!

Tiziano mise in pausa il live.

«Cla'. A prescindere dal fatto se firmerai o meno la liberatoria, ormai non mi fermo. In un modo o nell'altro lo dico. Sei troppo importante.»

Claudio lo fissò per qualche istante con il cuore stritolato da due emozioni contrastanti: un senso di sollievo, felicità e speranza all'idea che finalmente avrebbero potuto essere liberi; e una paura angosciante, paura che ci potessero essere brutte conseguenze per Tiziano.

Riconobbe la speranza come un sentimento egoista.

«Non farlo per me...» disse. Non voleva stare con Tiziano a discapito della sua sicurezza.

«Non lo faccio solo per te» gli rispose lui, serio. «È da parecchio che penso di farlo. Lo faccio a prescindere. Lo faccio anche se adesso ti alzi e mi mandi per sempre a fanculo. Sinceramente, mi sono davvero rotto il cazzo di vivere questa gigantesca menzogna.» Accennò un sorriso. «Dimmi di sì. È una bella storia, e voglio dirlo raccontando questa storia. Dimmi di sì.»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora