89. Chi si rivede

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31 dicembre

Claudio si lasciò assalire da Wendy.

Si buttò a terra. La cagnolina gli saltò addosso e prese a leccargli il viso, guaendo e scodinzolando. Claudio si godette le sue attenzioni: aveva bisogno di una dimostrazione di affetto pura, disinteressata e incondizionata come quella. La abbracciò, la accarezzò.

Poi, quando Wendy fu sazia di coccole e abbracci, Claudio si rimise seduto, sul pavimento.

E lanciò un'occhiata a Peter, il gatto, che gli rivolse in risposta un miagolio annoiato.

«Tch... Tch... Peter. Vie' qua pure tu, dai. Ce somigliamo, io e te. Nun ce piacciono tutte 'ste manfrine...» disse indicando Wendy.

La madre rise.

Claudio la guardò.

Era la prima volta che la incontrava, che la vedeva di persona, in carne e ossa, dopo la confessione. Dopo quella terribile confessione.

La madre distolse lo sguardo, imbarazzata. Il sorriso le morì sulle labbra.

Claudio sentì un tocco sulla gamba, e si accorse che anche Peter aveva deciso di dargli un piccolo segno di riconoscimento, strusciandoglisi addosso.

«Bravo gattaccio!» Gli diede una grattatina sulla testa, appena prima che lui si allontanasse e sculettasse via senza degnarlo di altre attenzioni.

«Laura, ricordati che poi dobbiamo parlare...» disse il padre sottovoce, come se non volesse essere udito.

La madre di Claudio annuì, poi si rivolse proprio a lui, ancora seduto a terra. «Dai, andiamo di là a mangiare qualcosa? Nonna ha preparato la sua super-amatriciana!»

«Lui resta?» disse la nonna spuntando dalla porta della cucina. Aveva le braccia incrociate e stava guardando il padre di Claudio con la stessa intensità e passione con cui si guarderebbe un sacchetto dell'immondizia.

«Sì, lui resta» disse la madre in tono di sfida.

La nonna strinse le labbra e sparì di nuovo in cucina.

La madre la seguì. «Potresti evitare di...» la udì borbottare Claudio, prima che la porta si chiudesse.

Claudio sospirò. «Sentì... pa'... lo so che è mi' nonna a esse in torto, ma nun te potresti levà dalle palle? Er pranzo co' gli sguardi truci popo nun me regge, mo'. So' stanco morto. Uff...» Claudio si passò una mano sulla fronte. Si sentiva distrutto. Molto più del normale. Lui e il padre erano scesi a Roma con entrambe le macchine: l'Audi e  la R4, su insistenza del padre. Il progetto era di lasciare la R4 lì, alla madre, perché la Punto di Roberto con cui era solita spostarsi "non era più a disposizione" (testuale: Roberto e la madre  avevano litigato? Claudio non aveva indagato). Il viaggio in macchina l'aveva spossato. 

Claudio si stropicciò gli occhi. «Cazzo, me sa che me sta a venì de novo l'influenza...»

«Devo restare, Claudio. Mi dispiace» disse il padre in tono duro.

«Devi restà, perché? Che cazzo devi fà?»

«Devo parlare con mamma di un po' di cose.»

Claudio capì che il padre non voleva spiegargli niente. Sbuffò. Non aveva nessuna voglia di insistere. «E va be', fa' come te pare...»

Il pranzo si svolse in un'atmosfera cupissima, con la nonna che mugugnava solo mezze parole, la madre che cercava di stemperare spargendo frasi allegre senza senso e il padre che mangiava senza emettere un fiato. Perché diamine era rimasto? Erano davvero tanto importanti le cose che doveva dire a sua madre? Non avrebbe potuto rimandare? Non avrebbe potuto dirgliele al telefono?

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora