RIVERA"Fai le valigie, da stanotte starai da me e fra due giorni partiremo."le dissi.
Ma lei mi guardava con quella freddezza che emanavo anch'io: "Sto bene a casa mia." mi rispose.
"John ti sta cercando, il primo posto per tagliarti la gola è questa casa, fai le valigie."
"E Jacqueline?" mi chiese.
"Tua figlia starà con delle guardie in un appartamento che ho acquistato da poco per lei."La vidi alzarsi e salire le scale verso il piano superiore, mi accesi una sigaretta in attesa.
Mi alzai e mi avvicinai ad un mobile dove c'erano vari quadri e li osservai.
Mi avvicinai a delle tante vetrate e guardai l'immenso giardino che sembrava non finisse mai.
Uscii fuori, camminai nell'immenso giardino, costeggiando la piscina e addentrandomi sulla lunghezza di quel prato.
Mi fermai a guardare gli alberi e la vista fumando.
"Andiamo."Mi girai e lei era lì dietro di me.
Camminammo per rientrare in casa, lei era avanti a me e la guardai dalla testa ai piedi.Una guardia le prese le valigie e Jacqueline era già nell'auto del mio autista.
"Tu inizia ad andare, arrivo." mi disse.
La guardai fulminandola con lo sguardo e andai in macchina.Jacqueline era molto silenziosa, mi girai e la guardai, tale e quale sua madre.
La vidi uscire dall'ingresso con una pistola in mano e si avvicinò a una guardia dandole una specie di assegni, erano molti.
Camminò verso l'auto e si mise l'arma dietro la giacca del tailleur.
Entrò in macchina sedendosi accanto a me, feci segno all'autista di partire e dopo un po' la figlia ruppe il silenzio.
"Mamma perché ce ne stiamo andando?"
"Non ti ci mettere anche tu adesso, starai in un appartamento e mi aspetterai, non so per quanto tempo."
Jacqueline diede un forte pugno al finestrino: "Mi avete rotto tutti i coglioni che non ho."
"Piantala." disse Jane con tono fermo girandosi verso di lei.
"Altrimenti che fai??!" la sfidò Jacqueline.
"Siamo arrivati." dissi io smorzando un po'.Jacqueline scese in compagnia di una guardia con le valigie ed entrò nel portone senza voltarsi.
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JANELa guardai salire di sopra e poi mi accesi una sigaretta: "Passa dal ristorante di Colin, sarò veloce."
"Come lo conosci?" mi chiese
"È un amico." dissi senza nemmeno girarmi a guardarlo e continuai a fumare.Una volta arrivati scesi dall'auto, stavo per chiudere la portiera quando mi girai: "Non entrerai da sola." mi dissi Rivera.
Mi limitai a fissarlo per poi girarmi ed entrare nel ristorante con Rivera dietro di me.
Vidi Colin parlare con dei clienti, mi avvicinai e gli feci segno di andare nel suo ufficio.
Mi guardò stranita con dietro di me Rivera.Entrammo tutti e tre nel suo ufficio e lui per ultimo chiuse la porta: "Che succede?"
"Lui è Alexander Rivera, volevo informarti che nel caso in cui venisse qui qualcuno a chiedere di me dovrai dirgli che sono fuggita in Italia."
"E in realtà dove cazzo stai andando?"
"Adesso non è importante questo dettaglio ma se io non dovessi tornare prenditi cura di Jacqueline."
Si avvicinò verso di me incazzato: "Non farmi incazzare anche stasera."
Rivera nel frattempo si accese una sigaretta.
Tirai Colin verso di me e lo limonai con passione e foga, volevo quel bacio, ogni collegamento del mio corpo pulsava per quel dannato bacio.
Sentii Rivera fare una finta tosse ma continuai a limonare per un po' e poi mi staccai ed uscii dal suo ufficio lasciandolo interdetto con Alexander dietro di me.
Rientrammo in macchina e l'autista partì.
"Scontato come addio.""Nessuno ha chiesto il tuo parere." risposi guardando fuori dal finestrino.
Arrivammo difronte a un cancello simile al mio, alto e imponente.
La macchina percorse un lungo viale e si fermò davanti all'ingresso.
Scendemmo entrambi e le guardie portarono le valigie in casa.
Era una bella villa, molti dettagli mi ricordavano la mia.
Entrai, luci soffuse, divani neri in pelle, era prevalentemente tutto nero, dorato con dettagli in bianco.
Rivera mi fece segno di salire di sopra con lui, mi portò nella mia stanza, in marmo nero e dorato, bagno incluso.
"La mia stanza è sulla destra dopo il corridoio, se hai fame o per altre necessità chiama Lolita."
Annuii e chiuse la porta lasciandomi sopra, guardai fuori dalla vetrata con un immensa vista su New York.
Mi feci un bagno rilassante nella vasca, mi misi il pigiama in seta e mi misi sotto le coperte, dopo ore mi addormentai.
L'indomani mi alzai circa alle ore nove, rimasi qualche minuto in più a letto.
Mi alzai e uscii i vestiti dalla mia valigia sistemandoli nell'armadio.
Mi misi un tailleur nero con tacchi a spillo neri.
Andai in bagno, mi lavai i denti e mi truccai.Mi sistemai per ultimi i capelli e uscii fuori dalla camera.
Trovai fuori dalla porta il maggiordomo, anziano e dal viso tenero, e lo guardai stranita: "Signora Fox, Rivera la aspetta nella sala colazione, mi segua."
"Da quanto lavora per Rivera?" dissi mentre camminavamo per i lunghi corridoi.
"Da abbastanza tempo per aver visto stragi, sparatorie, coltelli volare e un sacco di donne."
"E lei è riuscito a sopravvivere?" gli chiesi
"Il Signore mi ha sempre graziato."Arrivammo nella sala e il maggiordomo mi fece spazio facendo entrare me per prima.
"Buongiorno." mi disse Rivera.
"Buongiorno" dissi e mi sedetti accanto a lui.Bevvi il mio caffè e mi accesi una sigaretta
"Stanotte partiamo."
"Bene." dissi ioMi girai e lo guardai di profilo, i nostri sguardi si incrociarono e io mantenni il contatto visivo finché lui non decise di cedere e si girò continuando a bere il suo caffè.
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Jane...Jane Fox
RomanceJane, Jane Fox. Da professoressa a ereditiera, una vita fatta di scoperte, di amori, di violenza e sesso sfrenato. La sua storia vi attende. 🔞 ⚠️ASSOLUTAMENTE VIETATA LA COPIATURA DI IMMAGINI O DETTAGLI INERENTI ALLA STORIA.⚠️