67 2 0
                                        


                                    JANE

La mattina dopo ero in macchina, vestita sempre di tutto punto: un tubino beige, tacchi a spillo neutri, borsa nera e un cappotto che dava sul beige più scuro del tubino.

Mentre guidavo pensavo a John, erano molti giorni che non lo vedevo in casa, avevo chiesto alla domestica ma non sapeva nulla, compresa mia figlia Jacqueline.

Dopo ieri sera non avevo sentito né Colin né Logan, ero incazzata nera davvero.

Logan faceva sempre queste alleanze inutili per stuzzicarmi e per avere un arma a doppio taglio contro di me.

Parcheggiai, stavolta nel parcheggio sotterraneo, non avevo nessuna voglia di incontrare macchine fotografiche e flash.

Entrai nell'azienda e salii agli ultimi piani con l'ascensore.

Camminai verso il mio ufficio e tutti mi dicevano buongiorno, io rispondevo con un cenno.
Entrai nel mio ufficio e chiusi la porta, mi sedetti e iniziai a sfogliare pile e pile di documenti.

Dopo qualche ora chiamai mia figlia.
"Jacqueline dove sei?"

"Mamma sono a casa di Rebeca, cosa c'è?"
"Dov'è tuo padre?"

"Mamma non lo vedo da quella notte quando ti portammo nella clinica di Jeffrey."

Chiusi la chiamata, non sapevo se prendere provvedimenti o aspettare.

Non tenevo più come una volta a quell'uomo ma era pur sempre il padre di mia figlia e volevo che lei avesse un padre.

Continuai a lavorare, a mezzogiorno mi alzai e mi misi il cappotto e proprio in quel momento entrò
Logan: "Stai andando via? Fra qualche ora abbiamo una riunione."

"Ci sarò." dissi fredda prendendo la borsa e andando verso l'ingresso ma lui chiuse la porta entrando e mettendosi poggiato davanti alla porta.

"Che succede Jane, non amo i giochetti dei bambini in cui non si parla chiaramente."

Lo fissai e senza giri di parole gli dissi: "Devi restare fuori dalla mia vita, rapporto professionale per il resto mi sei inutile."

Vidi la sua espressione cambiare, come delusione mista a rabbia e rassegnazione, come se sperasse qualcosa o forse era solo una mia sensazione.

Si spostò, aprii la porta andando verso l'ascensore.

Scesi nei sotterranei e mi incamminai verso la mia Mercedes, entrai e misi in moto.

Uscii da quel parcheggio accelerando e chiamai dall'auto John.

Nessuna risposta, continuai a chiamarlo per tutto il tragitto alla villa ma niente.

Parcheggiai velocemente e scesi, entrai in casa e salii velocemente di sopra.

Entrai nell'ufficio di John e iniziai a sfogliare qualsiasi documento in cerca di qualcosa, non poteva essersi volatilizzato all'improvviso.

Presi la lampada e la scaraventai a terra per la rabbia, mi misi le mani nei capelli e camminai lungo la stanza.

Faceva un lavoro particolare...particolare è dir poco. Poteva essergli successo qualunque cosa e io stupida che mi preoccupavo di quel verme.

Mi si accese improvvisamente una lampadina: Richard, il fratello di John. Colui che mi aveva procurato tutte quelle foto e prove.

Presi velocemente il telefono dalla borsa e digitai il numero, attesi cinque lunghi squilli finché non rispose: "Guarda un po' chi mi chiama, la nuova celebrità."

"Ho bisogno che tu trova John, scegli una cifra e la avrai, fra due ore mi farò sentire io." dissi con tono freddo e deciso e attaccai.

Presi tra le mani un quadro sulla scrivania, raffigurava me e John da giovani ad un white party al mare.

Lo posai e uscii dall'ufficio ma prima presi la chiave sulla porta, chiusi a chiave riponendo la chiave nella mia borsa.

Uscii fuori e osservai le mie guardie, quelle di John non c'erano.

Mi misi in macchina ed uscii velocemente dal viale, ero in ritardo per la riunione.

Mi accesi una sigaretta e fumai mentre guidavo, non sapevo cosa pensare, dove potesse trovarsi, se stava bene o male o magari se la stava semplicemente spassando in Kenya o alle Bahamas.

La domanda che ripetevo nella mia testa era perché io lo pensassi, perché mi importava il suo stato, certo la sua scomparsa improvvisa non era poi così normale ma dopo tutto quello che mi aveva fatto quell'uomo non meritava neanche una mia unghia.

Parcheggiai difronte all'ingresso pieno di paparazzi, come ormai d'abitudine.

Scesi dall'auto, con la mia disinvoltura li scansai ed entrai dentro, presi l'ascensore e nel mentre mi specchiai sistemandomi un po' i capelli.

Arrivai di sopra e raggiunsi la sala riunione dove c'erano tutti tranne me: "Buongiorno." dissi e gli altri risposero tutti come i bimbi alle elementari.

Logan mi guardò dubbioso e mi sedetti.
"Signora Fox abbiamo pensato che potesse interessarle un argomento da sensibilizzare maggiormente: l'estinzione dei panda." mi disse un direttore guardandomi serio.

Alzai un sopracciglio, incrociai le gambe e ripresi a guardarlo dritto negli occhi: "Prego?" dissi accigliata.

Vidi Logan sorridere: "Signor Leinh, è sicuro di quello che ha appena detto?" disse lui guardando lui e poi me.

"È un argomento molto importante." ribatté lui continuando a sostenere la sua tesi.

"Signor Leinh da quanto tempo lavora qui?" gli chiesi. "Signora Fox da circa due anni." rispose lui con aria preoccupata.

"Beh questo conferma che mio zio ha assunto sostanze stupefacenti per due anni." dissi rimanendo seria con lo sguardo su di lui mentre gli altri in sala ridevano e Logan mi guardava compiaciuto.

"Signora Fox mi sta mancando di rispetto."

Mi alzai, camminai per la stanza e mi accesi una sigaretta: "Se parla di estinzione di panda vuol dire che non ha capito assolutamente nulla dell'ambiente in cui si trova, degli argomenti e magari non sfrutta abbastanza la sua intelligenza, sa esistono test del quoziente intellettivo." gli dissi sminuendolo davanti a tutti mentre fumavo tranquillamente la mia sigaretta.

"Jane adesso continuiamo la riunione." disse
Logan cercando di smorzare la situazione.

Mi avvicinai al Signor Leinh, gli strappai il cartellino dal collo mentre tutti scioccati mi guardavano: "È licenziato, mi sento buona e le concedo un ora per andarsene."

"Signora Fox ma che sta facendo?!" disse lui
"Quello che andava fatto tempo fa." risposi senza guardarlo, mi girai verso tutti gli altri e continuai: "La riunione continuerà domani, vi conviene essere ben preparati."

Logan uscii dopo di me ed entrò con me in ufficio, si sedette sulla poltrona difronte alla mia scrivania mettendosi comodo: "La prossima volta devi consultare anche me."

"Tu non l'avresti licenziato?" mi girai verso di lui
"Certo." rispose lui e poi si alzò avvicinandosi di più a me: "Forza parla."

"Mh?" dissi non capendo
"C'è qualcosa che non va, lo vedo." mi disse guardandomi negli occhi.

"Va tutto bene" distolsi lo sguardo e mi sedetti sulla mia poltrona sotto il suo sguardo inquisitorio.

Uscii dal mio ufficio chiudendo la porta e rimasi lì, con pile e pile di documenti, tanti problemi ma l'unica cosa fedele che mi era rimasta erano le sigarette così ne presi un altra e la accesi.

Jane...Jane FoxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora