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COLIN

Lo avrebbe sposato, probabilmente si sarebbe anche innamorata di lui.

Non riuscivo a sopportare questa sensazione perché la verità che non riuscivo a buttare giù era una: non avevo mai smesso di amare così tanto quella donna.

Dirglielo non avrebbe avuto senso, lo sapeva già.

Entrai nel parcheggio privato del mio ristorante.

Parcheggiai e vidi la sua macchina entrare nel medesimo parcheggio, mi accesi una sigaretta e scesi dalla mia auto.

La vidi scendere dall'auto e sbattere la portiera dietro di lei avanzando.

"Hai intenzione di continuare a scappare?" mi urlò, notai una nota nei suoi occhi, qualcosa di diverso che si avvicinava a una sensazione di paura.

"Io non scappo, tu cosa vuoi adesso?"

"Non devi andartene se non ho finito di parlare." disse lei incredibilmente nervosa.

"Jane cos'hai?" chiesi con tono calmo guardando prima Rivera chiuso in macchina per poi guardarla negli occhi.

"Sei stressata, hai delle reazioni improvvise e vieni qui urlandomi addosso, ti sposerai quindi vai da tuo marito, non venire da me." dissi rude.

I suoi occhi erano infuriati, tutto il suo corpo lo era, i suoi occhi mi fissavano.

"La verità è una, sei intrappolata per l'ennesima volta per le tue scelte di merda, per il tuo non pensare e per la tua poca razionalità." dissi con tono irritato, non capiva quanto fosse incoerente.

I suoi occhi diventarono lucidi e distolse lo sguardo da me, riuscivo a intravedere comunque quella lucentezza che appariva raramente in quegli occhi spenti e freddi.

Non avevo altro da dirle, era inutile.

Era inutile anche incazzarmi, erano cose dette e ridette anche quando stava con John, puntualmente si sposa con uno peggio.

Quando mi girai per riandare alla macchina sentii chiamare il mio nome con tono sottile ma duro.

Mi girai e la guardai, una lacrima le attraversò la guancia ma il suo viso rimase impassibile e freddo e venne verso di me asciugando la lacrima.

"Non posso farci nulla." disse prendendomi la mano e stringendola di nascosto mettendosi di spalle alla sua macchina.

Guardai la sua mano e guardai il suo viso, strinsi la sua mano accarezzandola.

Evitai di guardarla negli occhi.

Mollai la presa e rientrai nella mia auto, misi in moto e uscii dal parcheggio del mio ristorante.

Guidai allontanandomi da lì, la amavo più della mia stessa vita, amavo tutto di lei.

Ma ero stanco di combattere contro i mulini a vento, era sotto ricatto e lo avrebbe sposato in ogni caso.

Sarei rimasto in disparte e sapevo bene che aveva un debole particolare per me.

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JANE

Risalii in macchina e subito Rivera attaccò: "È tardi cazzo."

Mi girai verso di lui incenerendolo con lo sguardo, misi in moto nervosamente e accelerai a tutto gas uscendo da quel parcheggio.

Sentii una carica interiore pazzesca e avevo un conto in sospeso con una persona che pensavo tenesse a me e invece mi avrebbe venduta.

"Taylor, non posso accompagnarti adesso." dissi.

"Nessun problema." disse lei con quel tono rude e sexy.

Niente male Taylor.

"Dove vai?" chiese Rivera.

"Vedrai." dissi freddamente.

Uscii da New York e mi avviai presso un viale lungo quasi 2km.

Percorsi un altro viale girando a destra raggiungendo un grande cancello con
fuori quattro guardie che si avvicinarono all'auto
non appena frenai.

Abbassai il finestrino e la guardia mi fissò.

"Jane Fox." dissi, fece segno di aprire il cancello ed entrai accelerando.

"Perché sei venuta qui?!" iniziò ad agitarsi Rivera.

Lo ignorai con un sorriso provocante e raggiunsi la villa del vecchio William Fox, lo zio che mi aveva ceduto l'azienda multimiliardaria, e colui anche che aveva accettato soldi da Rivera per sottrarmela se non l'avessi sposato.

Parcheggiai, misi una mano sotto il mio sedile e presi un borsello, presi la pistola e ci avvitai il silenziatore.

"Jane giuro che ti ammazzo adesso."

"Non ho nulla da perdere." dissi girandomi verso di lui per poi scendere dalla macchina.

"Jane Fox, stupisci sempre." disse la bionda.

Rivera scese dall'auto e mi afferrò sbattendomi ad una parete circostante: "Passerai prima sul mio cadavere." disse stringendo la presa sul mio corpo.

"Hai paura di perdere il tuo bel contratto."

Lo spinsi via e sentii dei passi, mi ricomposi e misi l'arma sotto al mio vestitino incastrate tra le mie mutande, sbucò una guardia e disinvolta dissi: "Mio zio dorme?"

Lui mi guardò dalla testa ai piedi compiaciuto:

"Si, si accomodi dentro." disse.

Entrammo dentro e lui subito uscì fuori, mio zio non permetteva alle guardie di entrare in casa da ciò che ricordavo, questo era vantaggioso.

Jane...Jane FoxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora