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                                JACQUELINE

Lei era lì maledizione.
Era ad un tavolo in fondo alla parete di fronte al nostro, con le gambe lunghe, toniche e nude, un vestitino nero corto, quei tacchi alti e un cappotto di pelle nero molto accattivante.

Mi guardava, ci guardava con quell'aria provocante, sadica e divertita ma io sapevo che moriva dalla voglia di sapere che cosa fosse questa reunion e volevo che si domandasse
perché lei non era tra noi.

Forse perché era una stronza bipolare psicopatica? Proprio così.

Il nonno vide la mia espressione cambiare quando iniziai a guardarla con aria di schifo negli occhi: "Jacqueline, non ne vale la pena."

"È una stronza." dissi cercando di mantenere la calma: "Mi provoca." continuai.
"Non la passerà liscia." disse il nonno.

Vidi che guardava Colin mangiandoselo con gli occhi, ninfomane del cazzo.
Ad un certo punto il suo sguardo si spostò sul mio uomo, lo esaminò con una precisione a tratti inquietante per poi distogliere lo sguardo quando arrivò Rivera.

Vidi il suo sguardo cambiare quando quell'uomo era difronte a lei, era spenta ma aveva sempre quella sensualità che la caratterizzava.

Dopo le congratulazioni del nonno e di Colin ci sedemmo di nuovo, Ryan mi abbracciò dopo che si accorse di quella presenza ingombrante per me.

I miei ormoni mi suggerivano di andare lì ad abbracciarla ma ero così scombussolata emotivamente che avrei potuto commettere azioni di cui mi sarei pentita presto.

I tre maschi iniziarono a ridere e parlare di ambienti lavorativi o cazzate che comunque trattavano il tema: lavoro.

"Ryan mi dai le chiavi della macchina? Ho dimenticato il mio lip gloss nella portiera." dissi.
Presi le chiavi ed uscii dal locale senza mai girarmi verso di lei.
Non potevo.
Non volevo.

Uscii dal locale, attraversai quella strada sempre trafficata di New York e mi diressi verso l'autista che, si occupò subito di cedermi le chiavi regalandomi un grande sorriso.

Ricambiai con piacere quel sorriso gentile e mi incamminai all'interno del parcheggio andando verso la macchina. Aprii la portiera del passeggero e mi piegai verso i vari scomparti che c'erano all'interno della portiera.

"Dove cazzo sta?" mormorai.
"Cosa cerchi?" sentii una voce alle mie spalle.
Una voce dura e provocante, una voce che avevo sentito per tutta la mia vita e non la reputavo una cosa positiva, era tutto tranne che una madre.

Mi alzai e mi girai, era dietro di me che mi guardava come un falco che cerca  e sceglie accuratamente le sue prossime prede.

La guardai senza parlare, non sapevo cosa dirle.
Balbettai qualcosa di stupido senza formulare una frase di senso compiuto, dopo l'ultimo incontro di mesi e mesi fa era finito tutto.

E adesso cosa fa? Fa la stronza.

Fissò i miei occhi sul mio corpo percorrendo con le sue iridi particolari ogni singolo centimetro che formava il mio corpo. Si soffermò sul mio ventre.

Guardò quella pancia che sporgeva al vestito ed io avevo sempre avuto la pancia piatta nella mia vita. Il suo sguardo ritornò forte nei miei occhi.

Si avvicinò molto a me, i nostri visi erano quasi attaccati e potevo sentire il suo respiro lento e felino. Con le sue unghie rosse toccò il mio collo, passò una mano fra i miei capelli.

Una parte di me voleva quella specie di affetto, l'altra voleva ucciderla a coltellate finché il suo corpo non sarebbe stato smembrato completamente.

Distolsi lo sguardo, i suoi occhi mi facevano impressione, mi trasmettevano angoscia e uno stato d'ansia, mia madre non si era mai avvicinata così tanto a me se non per un abbraccio forzato.

"Guardami." esordì lei.
I miei occhi ritornarono nei suoi.
"Cosa vuoi dopo mesi?" chiesi.
"So tutto." disse lei sorridendo con fare saccente e provocante. Come era possibile?

Non lo avevo detto a nessuno da quando lo avevo scoperto, ero solo andata in ospedale per degli esami più specifici, era impossibile.

"Non è possibile." dissi distaccandomi dal suo tocco e facendo qualche passo indietro.
"Sono Jane Fox, mia cara figlia." disse arrogante.

Continuò saccente alzando il mento e fissandomi con fare superiore: "So tutti i tuoi spostamenti, so anche quante volte vai in bagno, so cosa sei andata a fare in quell'ospedale e in quella clinica specifica." disse concludendo.

La guardai e i miei ormoni ebbero la meglio.
I miei occhi si fecero umidi, il mio cuore ebbe un ondata di gelo a causa della sua presenza e il mio cervello non riusciva a mantenere la razionalità.

"E allora?" dissi con voce tremante.
La sua mano gelata tornò ad accarezzarmi lo zigomo, il suo tocco non trasmetteva amore materno ma gelo e superiorità.

"E allora sarai una buona madre." disse.
Questo mi scaldò leggermente il cuore, sapeva che sarei stata una buona madre, al suo contrario.
Le lacrime iniziarono a scendere e lei smise di accarezzarmi il viso.

Era troppo importante per bagnarsi delle mie lacrime, delle lacrime di sua figlia.
"Non sarò mai come te." dissi fermamente.

"Essere me è impossibile." ribatté.
"È impossibile, hai detto bene." continuai.
Vidi il nonno, Colin e Ryan che si fermarono lontani ad assistere alla scena penosa.

"E sai perché cara Jacqueline?" disse provocatoria. "Sentiamo." dissi asciugandomi le lacrime che non smettevano di scendere lungo il mio viso e bagnarmi continuamente.

"Perché nessuno è alla mia altezza." disse.
"Ho sempre e solo voluto una madre, una spalla su cui piangere e raramente ci sei stata, quasi mai. Dopo la morte di papà ti sei allontanata complet-"

Mi interruppe alzando il tono: "Non devi parlare di questo." Sorrisi, sapevo quanto le faceva male questo argomento, lo vedevo da come cambiava.

"Volevo una madre cazzo!" urlai con i goccioloni sul viso e continuai: "Diventerò madre e non ti chiederò mai di essere una nonna, perché una madre, una cazzo di madre mi avrebbe baciato questa dannata pancia che contiene l'amore!" Urlai in preda alla rabbia implacabile.

"Sei incredibile! Stai sposando un uomo che non ami, fai soldi ogni minuto della tua vita e hai sempre quell'aria insoddisfatta. Hai una figlia, me, e non riesci a gioire ed esser fiera di me neanche in questo momento."

Lei mi guardava.

Si mi guardava.

Jane...Jane FoxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora