Una Dura Lezione

567 66 49
                                    

[27 Novembre 2015]

Un elmo che rotola a terra cadendo da un'altura. Una risata di trionfo. Un urlo straziante.

Percy si svegliò di soprassalto, madido di sudore.

I suoi sogni erano sempre strani; ma ultimamente quel sogno in particolare, degli stralci di suoni e immagini, era ricorrente.

Era iniziato qualche settimana addietro con la sola immagine sfocata dell'elmo, e ogni volta un piccolo dettaglio, anche solo un istante, si aggiungeva a quella prima visione.

Tuttavia, se non voleva tornare a soffrire di insonnia come quando aveva 18 anni, doveva ignorare quel che vedeva finché non capiva se fosse o meno un pericolo, come aveva suggerito Rachel. 

Inutile perdersi nelle proprie visioni, a volte sono solo indizi di un futuro che potrebbe non realizzarsi mai, delle eventualità che non per forza accadranno, ma che potrebbero tormentarci fino a consumarci. Arrovellarsi significava solo lasciare che quei sogni, quegli incubi, vincessero.

Si alzò dal letto sforzandosi di non pensarci. Si fece una doccia rigeneratrice prima di raggiungere Reyna a colazione e riprendere la sua routine quotidiana.

Ma questa lucida consapevolezza di non dover dare peso a quelle visioni non gli impedì di iniziare la giornata col malumore.

<<Va tutto bene?>> gli chiese Reyna notandolo cupo e assorto.

<<Sì certo, perché?>>

<<Beh, hai mescolato il tuo cappuccino per 5 minuti fissando il vuoto. Ormai non ha più schiuma!>> sottolineò lei.

Percy abbassò lo sguardo notando la sua tazza per la prima volta. Sospirò e bevve un sorso del cappuccino già freddo.

<<Vuoi parlarne?>> insistette lei ben sapendo che il suo collega avesse qualche pensiero che lo tormentava.

<<No davvero, nulla di cui preoccuparsi.>> si alzò dal tavolo senza toccare cibo e senza finire il cappuccino, e decise di recarsi subito al Campo Giove.

Reyna, che ormai lo conosceva bene, non insistette, perché sapeva che sarebbe stato lui il primo a chiederle aiuto se la questione fosse diventata grave.

Quindi, quella mattina di venerdì, Percy si recò al campo di addestramento di buonora, come accadeva spesso. Non era mai stato un tipo che arriva in anticipo, ma da quando si era imposto di dare il buon esempio, era sempre riuscito a rispettare il proprio proposito.

Inoltre, ogni giorno arrivava sempre più volentieri, felice di vedere quei ragazzi, i suoi ragazzi... e quell'insolente di Dorothea, che gli strappava un sorriso e una risata quotidiani, nonostante il suo umore fosse rimasto per lo più nero dallo scontro con Leo e non migliorasse affatto quando aveva quegli incubi.

E quei loro incontri serali, i combattimenti e le successive chiacchierate, erano terapeutici, una cura balsamica ai suoi tormenti interiori. Parlare con lei alleggeriva le sue pene, e le innate allegria e spensieratezza della ragazza lo mettevano di buonumore, ridandogli speranza nel futuro.

Nemmeno gli sporadici incontri con Reyna gli lasciavano una sensazione così positiva. Lo aiutavano a stare meglio, certo, ma solo finché durava l'orgasmo.

Alle 7 e 45, Percy era già al campo di addestramento e osservava i soldati uscire dai dormitori e prendere posto. Alle 8, scattò l'ora dell'adunata, e si misero in posizione per il saluto al loro istruttore.

Con grande sorpresa e delusione di Percy, Dorothea non c'era. Il suo malumore non poté che peggiorare.

Non poteva crederci, non dopo quelle parole che gli erano sembrate così sincere, non dopo quella promessa fatta solo poche ore prima. Cercò di non darci peso, e temporeggiò qualche istante prima di iniziare a parlare, per darle l'occasione di arrivare comunque prima delle istruzioni per la giornata.

Percy Jackson - Lα Nυσʋα Eɾα (in corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora