Il primo giorno con la Corona

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Il giorno seguente, Percy si svegliò sentendosi riposato e pieno di energie.

Uscì sul proprio balcone ancora in intimo, e ammirò il parco che circondava il colle. Dal balcone, poteva vedere anche il patio esterno, che restava ad un piano inferiore di almeno 4 metri rispetto a dove si trovava lui.

Guardò verso gli appartamenti di Reyna, e la vide. Aveva dimenticato (o forse no) le tende della sua camera da letto aperte. Dal patio non si sarebbe potuta vedere, ma lui, allo stesso livello della stanza di lei, anche se distante quasi 90 metri, poteva intravederla.

Era nuda, di fronte ad uno specchio, e si stava pettinando i lunghi capelli neri, che sciolti le arrivavano al fondoschiena.

Restò ad osservarla decisamente troppo, tornando con la fantasia a certi pensieri poco ortodossi. Dopo un paio di minuti, lei indossò una vestaglia di seta porpora, si diresse verso la zona giorno dell'appartamento, e superò le porte per uscire.

Lui si destò da quel sogno ad occhi aperti, si diede una veloce rinfrescata e si mise un accappatoio da giorno color porpora, il corrispettivo maschile della vestaglia indossata da Reyna e trovato direttamente sul suo letto, che nel frattempo era già stato rifatto.

Una decina di minuti prima, quando era andato in bagno, l'accappatoio non c'era e il letto era sfatto, e si chiese chi fosse entrato senza nemmeno farsi udire.

Uscendo dai propri appartamenti trovò la risposta alla domanda: incontrò una naiade, che lo aveva anche vestito la mattina precedente (che gli sembrava una vita fa!); stava spolverando il suo studio, e la salutò.

Lei, tuttavia, si irrigidì e diventò paonazza, e non riuscì a spiccicare parola. Lui le chiese il nome, ma non ottenne alcuna risposta.

<<Non ti mangio, sai? Non voglio riprenderti, voglio solo sapere come ti chiami... per chiamarti per nome... Come tra persone civili...>>

La graziosa naiade aveva la pelle talmente bianca da sembrare evanescente (eppure era arrossita!), i capelli cerulei, labbra sottili e occhi viola e un nasino piccolo e un po' all'insù. Dimostrava non più di 15 anni, e non riusciva in alcun modo a guardare Percy in faccia:

<<Mi chiamo... mi chiamo Xanto>> disse flebilmente.

<<Xanto? Nome particolare... era anche il nome di uno dei cavalli di Achille, giusto?>>

Lei annuì nervosa.

<<Bene, Xanto. Io sono Percy, piacere di conoscerti>>.

Lei fece una risatina <<So chi è lei, console... PRINCIPE, mi scusi signore...>> sembrava spaventata e preoccupata di averlo offeso perché non sapeva come appellarlo.

<<Signore? Console? Principe?! Solo Percy, ti prego...!>> le disse ridacchiando.

Xanto era titubante <<Mi viene... difficile... signore... lei è console, ma anche un grande eroe, e soprattutto... è il figlio del mio dio, quindi...>>

Percy comprese il dilemma e sospirò <<Sono solo Percy, davvero. Ok? E d'ora in poi, vorrei che mi dessi del tu e mi guardassi in faccia... E che facessi meno ore. Mi hai vestito ieri mattina. Ti ho vista anche servire al banchetto ieri sera, e sei già qui stamattina. Come fai? Facciamo che la sera finirai di lavorare servita la cena, e la mattina verrai qui solo per sistemare il letto e pulire, se devi, ma ad un orario decente, non alle 7 di mattina, e il resto del giorno non voglio vederti in giro a faticare, chiaro?>> voleva essere gentile, ma Xanto finalmente lo guardò e sembrò impaurita.

<<Ho... ho fatto qualcosa che non va... si-signore...??>> chiese timorosa.

<<No no, no! Voglio solo che tu abbia più tempo libero. E chiamami Percy, ti prego.>> ripeté con enfasi.

Percy Jackson - Lα Nυσʋα Eɾα (in corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora