Insonnia

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[lunedì, 23 gennaio 2017]

Percy non riusciva a dormire.

Quell'incubo lo aveva turbato nel profondo. Ogni volta che stava per appisolarsi, temeva di riviverlo di nuovo, quindi si sforzava di restare sveglio. Era stato così vivido, così dettagliato, da sembrare reale.

Ricordava ogni sensazione. Il sorriso del piccolo Leo, la gioia che provava nell'abbracciarlo e nel giocarci insieme. L'affetto per la nascitura e i calci nella pancia di Dorothea quando l'accarezzava la sera a letto dopo una stressante giornata di lavoro. La soddisfazione di sentirsi realizzato e sereno. L'amore che provava per sua moglie. Il sapore del suo sangue nella piscina in cui era affogata.

Era certo che, se avessero inseguito quel progetto di vita, quell'incubo si sarebbe realizzato.

Preferiva essere lasciato e perderla, piuttosto che decretare la sua morte. Per questo, da quando se n'era andata, nuovamente arrabbiata, non l'aveva fermata, né la stava tartassando invadendone la privacy.

Le scriveva, certo, e le dimostrava di tenerci... Ma se lei avesse deciso di chiudere, lui l'avrebbe accettato.

Dannazione, era tutta colpa sua! Avrebbe dovuto trattenersi, resisterle, respingerla! L'aveva sempre saputo che, se si fossero avvicinati, lui l'avrebbe corrotta, rovinata, distrutta. E che fosse a rischio di morire non era poi una grande novità! Tutti quelli che gli stavano vicino rischiavano, ormai era sicuro di essere maledetto.

Dopo 5 giorni di insonnia avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno per non impazzire. Ma con chi?

Con Reyna, ovviamente, non poteva, perché se avesse saputo cosa diavolo era successo lo scorso weekend lo avrebbe di certo strozzato!

Già i telegiornali non parlavano d'altro che del tremendo omicidio di un bambino e del grave ferimento di un altro durante un blackout al molo di Santa Monica, durante il quale almeno 30 bambini erano spariti per poi essere ritrovati in gruppo vicino ad uno strano individuo che si era dileguato poco dopo. Notizia che aveva sconvolto la figlia di Bellona al punto da voler indagare sulla questione e capire se ci potesse essere sotto un qualche mostro.

Nico e Leo? Sapevano tutto di Dorothea e dell'accaduto al molo, ma comunque non aveva il coraggio di parlare con loro dell'incubo. Era troppo intimo, troppo pesante.

Magari poteva raccontarlo a Rachel. La ragazza lo aveva già aiutato in passato, quando i suoi sogni premonitori lo ossessionavano. Però... ora non avrebbe neanche saputo dire se era una premonizione oppure no, dato che non aveva più i poteri.

Una parte di lui sperava quasi che lo fosse, perché sarebbe significato che qualcosa si stava risvegliando finalmente.

Ma questo sarebbe anche significato che quell'incubo era un futuro possibile, e lo avrebbe temuto per sempre.

No, non poteva parlarne con Rachel. Sarebbe andato ancora più in paranoia.

Dopo una settimana di insonnia stava andando fuori di testa. Aveva dei tic nervosi, dei giramenti di testa, acufene, fotofobia, e a volte gli sembrava di sentire voci. Cercava di tenersi impegnato più che poteva, perché quando si fermava su un divano o una poltrona, o anche solo una sedia, si appisolava per 10 minuti o poco più, ma subito qualche incubo faceva capolino.

Aveva ricominciato a sognare quel maledetto elmo che rotola giù da una specie di rupe. Lo vedeva a rallentatore, ne sentiva il clangore del metallo contro alla pietra. Sentiva una risata fredda, di giubilo.

Non era come sognare la propria famiglia trucidata, ma gli si raggelava ugualmente il sangue e si svegliava di soprassalto.

Cercava di evitare Reyna, perché lei ormai lo conosceva bene e avrebbe capito in meno di 10 secondi che qualcosa non andava, sottoponendolo poi a un interrogatorio.

Percy Jackson - Lα Nυσʋα Eɾα (in corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora