I Protettori di Nuova Roma

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Mercoledì 11 – Lunedì 30 giugno 2014

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Nei giorni seguenti, Percy evitò di essere assillante e restare in stanza di Annabeth 24 ore su 24. 

Tuttavia, ogni volta che andava a trovarla, lei dormiva (o almeno così sembrava), e quelle poche volte che la trovava sveglia, era di malumore o troppo stanca, e chiedeva di poter restare sola e riposare. 

Non sapeva come aiutarla, ma capì che non era ben gradito. Lei non gli aveva ancora parlato, e si chiese se non avesse sbagliato a fingere di non essere a conoscenza dell'accaduto. Era sempre più preoccupato, ma se questo comportamento era una parte della guarigione psicofisica della sua fidanzata, poteva sopportare e assecondarla senza lamentarsi.

Annabeth provava sentimenti contrastanti. Non riusciva a guardare il fidanzato, non riusciva a sorridergli, non riusciva a parlargli. 

Avrebbe voluto trovare un modo per raccontargli ciò che era successo, ma quando lo guardava negli occhi, si bloccava. Non voleva dargli un dispiacere così grande, lo avrebbe distrutto. Si disse che era abbastanza forte per sostenere quel peso da sola, ne era certa.

Inoltre, le tornò in mente tutto l'accaduto, e si detestava per il proprio comportamento durante lo scontro con Phobos. 

Percy non poteva saperlo, ma lei, per un istante, aveva davvero pensato di abbandonarlo nel Labirinto e tornare vittoriosa, da sola. 

Si sentiva meschina ed egoista, e non riusciva proprio a guardarlo negli occhi, si sentiva di non meritare un ragazzo simile. 

Poi, pensava a come Phobos aveva giocato con lei, come fosse solo una preda da torturare, prima di pugnalarla davanti a Percy. Era ovvio che Phobos avesse colpito lei, per ferire lui. 

L'aveva usata. Quindi, quel che era successo, era colpa di Percy, in un certo senso. E quando pensava questo, era così arrabbiata e nervosa, che proprio non riusciva a sopportare la sua presenza, e trovava una scusa per mandarlo via, salvo poi pentirsi e sentirsi in colpa 30 secondi dopo.

Era come se si trovasse su delle montagne russe di emozioni contrastanti, e le veniva pure da vomitare!

Restò in degenza per altri 10 giorni dopo il risveglio, poi Will le disse che era abbastanza forte per provare a camminare e dormire in una stanza della Casa Grande, senza più supervisione medica.

Percy l'aiutò a rimettersi in piedi e muovere i primi passi, ma era uno sforzo incredibile. Sentiva il cuore accelerare e le girava la testa. 

Will le disse che era dovuto alla perdita di sangue e alla debilitazione fisica dovuta al digiuno, ma che piano piano si sarebbe ripresa. Aveva perso più di 10 chili nel Labirinto, il che era oltremodo incredibile per una donna incinta di 4 mesi. Non avrebbe dovuto essere possibile, e adesso era più debole che mai.

Sia lei che Percy erano riusciti a riprendere un paio di chili dall'uscita dal Labirinto, ma non era facile tornare alla normalità. 

Dopo un'altra settimana, Will le tolse i punti esterni e le disse che poteva affrontare il viaggio di ritorno, se lo desiderava. Annabeth ne fu felice, ma si sentì anche ansiosa all'idea di tornare a casa, con Percy, e riprendere la vita di tutti i giorni. 

Ce l'avrebbe fatta, dopo quel che era successo?

Partirono la mattina di lunedì 30 giugno, prendendo un aereo per San Francisco. Annabeth era sempre più taciturna e di malumore, ed evitava il fidanzato il più possibile. 

Lui, dal canto suo, cercava di essere comprensivo e di metterla a proprio agio. Si comportava come un qualsiasi fidanzato premuroso, ma rispettava i suoi spazi, sperando che fosse solo una fase e che presto lei si sarebbe aperta e avrebbe raccontato tutto.

Percy Jackson - Lα Nυσʋα Eɾα (in corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora