Un consiglio materno

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Autrice: ben 2 aggiornamenti, ragazzi miei! Il cerchio si sta chiudendo... Come sempre, attendo i vostri commenti! Buona lettura! 😘

Ps. Non vi siete fatti sfuggire il capitolo precedente "Prigionia", vero!?



Mattina del 19 dicembre 2014

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Annabeth aveva riletto la stessa frase almeno 20 volte, ma il senso non le voleva entrare in testa. 

Si trovava a casa Stockfis da oltre 3 settimane, e le giornate passavano lente e tediose; quella mattina si era chiusa in stanza dopo la colazione, e, non avendo nulla di meglio da fare, aveva deciso di studiarsi uno dei libri di architettura che si era portata per emergenze come quella. 

La famiglia di Percy era simpatica, gentile e premurosa, e non faceva nulla per farla sentire un'intrusa. Tuttavia, si sentiva a disagio e cercava di passare più tempo possibile da sola, in balia di malumori e strani pensieri.

Percy era sparito nel nulla: non aveva sue notizie dalla sera in cui aveva raggiunto il regno di Poseidone per aiutare a sedare la rivolta, e quando provava a mandare un messaggio Iride, la dracma le veniva risputata addosso senza alcun esito. 

Quindi, non aveva la minima idea di quale fosse la situazione del suo fidanzato, né gli altri semidei ne sapevano alcunché: aveva provato a contattare Chirone, ma era stato totalmente inutile, perché aveva avuto indicazioni dal Signor D di non parlare assolutamente della questione, da considerarsi un tabù.

Si era anche abbassata a contattare Reyna, ma nemmeno la Dictaror di Nuova Roma era a conoscenza della situazione. 

Avrebbe, quindi, potuto provare a contattare qualche dio benevolo per avere informazioni, tipo Apollo, o Artemide, o sua madre... Ma lei, con gli dei, non voleva più averci a che fare, visto il trattamento riservatole dalla Regina degli dei.

Percy aveva promesso di tornare assolutamente per la cena della vigilia, ma ormai, quella che doveva essere una vacanza natalizia in visita alla famiglia Stockfis e al Campo Mezzosangue, per lei si era trasformata in una clausura auto imposta in quella stanza, in attesa di un qualsiasi segno.

Capiva che rispondere alla richiesta di aiuto di suo padre, giunta così all'improvviso e con una tale urgenza, fosse prioritario; eppure, Annabeth non riusciva a perdonare Percy per averla abbandonata lì così, avrebbe voluto più considerazione. 

Era un controsenso, visto che da oltre 5 mesi non faceva altro che evitare i tentativi di avvicinamento del suo fidanzato: ogni volta che lui aveva cercato di accarezzarla, o abbracciarla, o baciarla, lei aveva sempre cercato scuse per evitarlo. Le dava fastidio anche quando durante la notte lui l'abbracciava nel sonno, in un gesto protettivo e del tutto spontaneo.

Si era sforzata tanto per lasciarsi andare con lui come un tempo, ma provava una repulsione senza alcuna logica. 

Ma se lui non c'era, o se la ignorava per un giorno o due per lasciarle i suoi spazi, lei si sentiva abbandonata e offesa. 

E lui, fidanzato fin troppo perfetto, continuava ad essere paziente e non le aveva più fatto pressioni sessuali dopo quella prima volta durante il proprio compleanno - nonché loro anniversario! - , però voleva comunque starle vicino e si comportava da perfetto compagno premuroso, come il solito vecchio Percy. E questo, più di tutto, le dava ai nervi.

Lei non era più la vecchia Annabeth, era cambiata, si sentiva spezzata. A volte si sentiva come un vecchio oggetto rotto che aveva perso la propria utilità. 

Percy Jackson - Lα Nυσʋα Eɾα (in corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora