Penso che all'età di tre anni nessun bambino dovrebbe mai aver bisogno di comprendere il silenzio.
Che non gli si dovrebbe negare la possibilità di fare domande, né tanto meno quella di ricevere le meritate risposte – non che queste risposte nel nostro caso specifico sarebbero potute essere comprese ed accettate dal fanciullo di cui vi sto narrando.
Però gli adulti che stavano accompagnando quel bambino lo avevano fatto, gli avevano intimato il silenzio, proibito di fare domande e negato ogni risposta.
Gli adulti che stavano accompagnando il piccolo in quel viaggio, che sembrava non voler finire mai, avevano fatto anche di peggio, gli avevano negato per sempre la percezione quasi sacra, dovuta ad ogni infante, di sapersi amato solo perché esiste.
Quella mattina le nonne lo avevano svegliato molto presto, faceva freddo dentro la sua piccola stanza ma fuori la temperatura era anche più inclemente e non perché fosse inverno inoltrato, era appena trascorso il suo compleanno e gli alberi erano ancora verdi, ma era presto, così presto da sembrare notte ed il bambino fissando il mondo fuori dalla finestra si era stupito nel vedere qualche stella – era sorpreso perché nessuno lo aveva mai svegliato quando le stelle erano ancora alte nel cielo.
La nonna paterna gli aveva fatto indossare degli strani vestiti che non aveva mai visto, sembravano molto caldi ma vecchi – logori – ed il bambino aveva storto il naso sentendo l'odore acre di muffa che emanavano ma che lui naturalmente non aveva distinto; puzzavano eppure non se ne era lamentato perché l'unico suo cruccio era sapere cosa stesse succedendo e perché la sua mamma ed il suo papà non erano lì con lui.
Quando era stato pronto l'anziana donna lo aveva guidato verso la cucina dove la nonna materna lo stava aspettando con la colazione ben apparecchiata sul tavolo. Il bambino si era guardato, ancora una volta, intorno in cerca di altri volti familiari ma quando si era convinto che nessuno, oltre alle due vecchie signore, lo avrebbe raggiunto si era rassegnato a mangiare quello che gli avevano preparato.
Aveva smesso di pensare a tutte le stranezze che gli stavano accadendo quando, oltre al solito riso, carne e zuppa, vide campeggiare vicino alla sua ciotola il budino al mango che gli piaceva tanto e che la nonna gli preparava solo in occasioni speciali. Forse quella lo era?
Era un'occasione più speciale del suo compleanno che era avvenuto qualche giorno prima o dei suoi occhi che avevano brillato sotto la Luna la sera precedente?
Le donne lo avevano incitato a non bighellonare ed a mangiare in fretta perché c'era molta strada da fare e dovevano sbrigarsi. Il bambino non aveva capito molto di quel discorso che gli ripetevano fin da quando aveva aperto gli occhi ma ubbidiva, in silenzio, perché le nonne erano sempre state buone con lui e sicuramente non gli avrebbero mai fatto del male anche se gli avevano negato la possibilità di portare con sé almeno uno dei giocattoli che aveva ricevuto in regalo per il suo compleanno – adorava il trenino rosso e giallo, fatto di legno, che il nonno aveva confezionato per lui.
A cosa serviva averglieli donati se poi aveva dovuto lasciarli a casa quando più gli sarebbero stati utili?
Un bambino ha il diritto di pensare che nessun membro della sua famiglia gli farà mai del male.
Il viaggio era durato molto, le due donne non erano riuscite a chiudere occhio perché quello che sarebbe successo, alla fine di quell'itinerario, non era la cosa che si auspicavano di fare mai nella vita eppure andava fatto perché non vi era equilibrio in ciò che stava succedendo nella loro famiglia, non c'era equilibrio in quel bambino che rischiava di far andare in rovina tutto.
Il piccolo invece aveva dormito come un ghiro, in auto, in aereo e poi di nuovo sul taxi che lo stava portando alla meta tanto agognata, riposando in silenzio. Solo poche volte aveva provato a chiedere dove fossero mamma e papà, l'ultima davanti a quell'edificio che gli faceva tanta paura ma lo sguardo che aveva ricevuto in risposta tutte le volte lo aveva dissuaso dal continuare a chiedere, a sapere. E così fece ancora silenzio.
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Addicted
Fanfiction[Omegaverse] Un amore malato lo definirebbero molti Ma noi lo chiameremo Addicted. Perché? Per via dell'incoercibile bisogno che hanno uno del corpo dell'altro. Perché non si bastano mai come al corpo non basta un unico respiro. Perché sono arresi e...