Vento

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~ Episodio 3 ~

Vento













Fuori dal locale, JungKook si strinse addosso il giubbotto, infastidito dal cambiamento di temperatura. Di solito non ci avrebbe fatto caso, ma quel freddo che sentiva nelle ossa era probabilmente dovuto alla febbre, che doveva essere alta armai. Il cielo era tinto di un grigio cupo, come se un pittore avesse rovesciato inchiostro su una tela infinita. Le nuvole, dense e minacciose, si rincorrevano, spinte da un vento impetuoso che fischiava tra i pochi alberi della città, piegandoli al suo volere. Qua e là, brandelli di azzurro tentavano di farsi strada, ma venivano inghiottiti rapidamente dalla coltre scura che si addensava. I contorni delle nubi si frastagliavano, mutando forma in un battito di ciglia, mentre l'orizzonte si tingeva di una sfumatura violacea, presagio di una tempesta imminente. L'aria, sempre più pesante e carica di elettricità, sembrava trattenere il respiro, in attesa di scatenare la sua furia.

JungKook rimase fermo ad osservare quelle nuvole rincorrersi, come faceva da bambino. Diversamente da altri, che ricordano poco della loro infanzia, lui aveva ricordi vividi di quel periodo, forse perché Ira li custodiva per lui, o perché quel karma negativo che lo perseguitava gli impediva di dimenticare gli orrori del passato. Si guardò intorno cercando la macchina di TaeHyung, che sapeva essere parcheggiata nelle vicinanze e quando la scorse vi si avvicinò lentamente. Doveva decidere dove sedersi. Annusò l'aria e, percependo solo l'odore di lavanda, bussò al finestrino per farsi aprire.

«TaeHyung ha detto di portarmi in ufficio e poi tornare qui a prenderlo», disse all'autista, che non fece domande. Era abituato alle richieste imprevedibili dei ricchi. Neanche JungKook aggiunse altro, voltandosi subito verso il finestrino e lasciandosi trasportare dal movimento dell'auto.

Una volta giunto in ufficio, si guardò intorno con un senso di disagio. Stare lì da solo lo faceva sentire fuori posto, come se stesse occupando uno spazio che non gli apparteneva. Capiva perché TaeHyung lo avesse mandato via: voleva distanziarsi da lui a causa delle insinuazioni che continuavano a fare sul loro rapporto. Sebbene fosse una scelta razionale, JungKook non poteva fare a meno di sentirsi rifiutato. Era consapevole di essere incoerente: quando TaeHyung si avvicinava troppo, con la sua gentilezza e possessività, lui faceva di tutto per respingerlo, persino ferendolo. Eppure, quando era TaeHyung a difendere i propri spazi, JungKook ne soffriva.

Incoerente!

Perso nei suoi pensieri, non si rese conto che erano passati dieci minuti. Per la prima volta da quando aveva cominciato a lavorare in quell'ufficio – e forse nella sua vita – non sapeva come procedere. TaeHyung non gli aveva parlato di quel viaggio, né di come organizzare quel tipo di incontro. Sapeva che durante la riunione del mattino il signor Kim lo aveva menzionato, ma tra il dolore alla spalla e la febbre non aveva prestato attenzione. Preso dal panico, cominciò a spostare oggetti sulla scrivania in modo disordinato e frenetico: era nei guai.

Stava quasi per cedere al panico quando una voce gentile lo salutò, interrompendo quel circolo vizioso di pensieri negativi. La prima cosa che JungKook notò, oltre alla voce, fu l'intenso profumo di lavanda che sembrava irradiarsi intorno a loro più forte e persistente del solito. Poi avvertì le mani di JiMin sul suo torace, piccole dita che premevano con forza, facendolo sussultare. Avrebbe dovuto allontanarlo, o almeno pensare di farlo, e invece il suo corpo anelava quel contatto, il dolore sembrava attenuarsi. Com'era possibile un morso mal dato lo avesse legato così tanto a quel Beta? Non contava nulla il legame predestinato? Perché accanto a TaeHyung, il suo Alfa, si sentiva morire, mentre con JiMin il corpo e la mente sembravano in pace? Tremante, alzò una mano e la posò su quella di JiMin.

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