Il Contrario Del Gioco Non È Ciò Che È Serio, Bensì Ciò Che È Reale

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~ Episodio 3 ~

Capita a molti di sonnecchiare sui mezzi pubblici, lo stress, le sveglie che suonano sempre troppo presto e l'orario del sonno che si fa sempre troppo tardo, le molte ore di lavoro oppure di studio, le cause sono molteplici e sempre tutte plausibili e valide ma a JungKook in tutti quegli anni spesi a viaggiare tra casa e scuola non era mai successo, non aveva mai permesso al suo corpo di rilassarsi così tanto da crollare in un luogo pubblico neanche quando le pillole lo stordivano subito dopo averle prese ed invece era bastata una piccola gita per farlo sentire spossato e distrutto, senza energie, incapace persino di uscire da quel bagno dopo aver fatto sesso con quella donna Alfa che era uscita dal piccolo cubicolo subito dopo aver raggiunto l'orgasmo ed essersi ripulita alla bene e meglio. Eppure aveva soltanto camminato ma forse dopo l'avvelenamento ed il riposo durato tre giorni il suo corpo non era più abituato a farlo così tanto, già la mattina era andato in giro per le strade del suo quartiere per recuperare la bicicletta e poi il parco ed infine il sesso, troppo.

Non si era reso conto di esseri addormentato, altrimenti non lo avrebbe fatto nel bagno di uno dei vagoni della Metropolitana, come non si accorse del tempo che era passato, fu il suono del suo cellulare a risvegliarlo giusto in tempo per non perdere la sua fermata, incespicando nei movimenti si alzò dalla tazza del water, le gambe gli tremarono per qualche istante ma non poteva perdere tempo oppure avrebbe combinato un altro guaio. Controllò velocemente in giro per essere certo di non dimenticare nulla dentro quel bagno ed uscì come una furia inforcando le porte che si stavano quasi per richiudere davanti alla sua faccia, tirò un sospiro di sollievo e dopo essersi guardato alle spalle, osservando un ultima volta il treno che si allontanava lentamente perché era ancora dentro la stazione, si decise a camminare verso casa, la sua bicicletta non sarebbe stata lì a rendergli più veloce il ritorno e doveva sbrigarsi.

Gli ci vollero almeno cinque minuti prima che le sue gambe si decidessero a camminare in modo spedito senza che JungKook le sentisse bruciare sotto lo sforzo, di quel passo gli ci sarebbero voluti almeno venti minuti prima di raggiungere la sua abitazione, sfilò il cellulare dalla tasca per sincerarsi che non ci fossero chiamate da parte di JiMin o di sua madre, per un attimo pensò addirittura di sperare in un messaggio dove il Beta si scusava dicendogli di non poter partecipare alla cena quella sera ma così non era non c'era nessuna disdetta e nessuna notizia da parte sua, soltanto una chiamata persa, quella che lo aveva svegliato giusto in tempo, fatta da parte di HoSeok. Mise le cuffie alle orecchie e subito dopo fece partire la chiamata, «Hyung».

Il timbro squillante del Beta quasi gli perforò i timpani, «Oh mio dio eccoti! Per un attimo avevo temuto che ti fosse successo qualcosa», la voce era così vivace che JungKook riusciva ad immaginarselo mentre gesticolava animatamente, «Come ti salta in mente di non rispondere alle telefonate di un uomo preoccupato ed in preda alla disperazione», il moro sorrise appena, tutto quel discorso non aveva senso; nessuna delle telefonate che aveva ricevuto in quel giorno sembravano averne. «Sai come mi sarei sentito se ti fosse successo qualcosa solo perché io non ti ho riaccompagnato a casa?», aveva tentato almeno due volte di prendere parola e fermare quel fiume in piena di sproloqui ma non ne ebbe modo, «E non oso pensare a cosa mi avrebbe fatto Tae».

Eccolo, quello, quell'attimo era il momento giusto per parlare – adesso o mai più si era detto JungKook –, «Punto numero uno, io non potevo sapere che tu fossi preoccupato ed in preda alla disperazione», alzò il mignolo per appuntarsi l'ordine delle idee o come se l'altro ragazzo potesse vederlo, «Punto numero due, non sei stato tu a non accompagnarmi ma sono stato io a non volere e quindi una mia possibile ma improbabile dipartita non sarebbe colpa tua», da quando era così spensierato nel parlare con un quasi perfetto estraneo? «E punto numero tre», si fermò, quelle parole erano così familiari.

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