Sei Una Causa Persa

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~ Episodio 2 ~







Quando JiMin sentì sbattere la porta del suo ufficio – così forte da farlo sobbalzare – era intento a controllare per l'ennesima volta lo schermo del suo cellulare per sincerarsi di non essersi perso il messaggio di risposta di JungKook, era consapevole che quel silenzio fosse foriero di sventura e proprio per questo aveva deciso di non telefonare ed attendere che fosse l'altro a contattarlo ma di certo non si aspettava di vederselo comparire davanti a metà mattinata, «Kim TaeHyung è un fottuto bambino!»

JiMin, dentro di sé, aveva paventato un risultato disastroso ma non una simile furia, immediatamente si alzò dalla sua poltrona e, avvicinandosi al minore lo strinse per le spalle per tentare di calmarlo, «Cosa è successo questa volta?», il Beta cercò di mantenere sul volto un sorriso confortante perché l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era fomentare i motivi di astio che sembravano intercorrere tra JungKook ed il suo miglior amico, «Voi due sembrate proprio cane e gatto», con una leggera spinta – che era dovuta diventare sempre più forte perché l'altro sembrava non voler collaborare – lo accompagnò verso una delle sedie che erano sistemate davanti alla sua scrivania, «Dai raccontami tutto».

JungKook aveva deciso di nascondersi nell'ufficio di JiMin perché sapeva che in quell'uomo avrebbe potuto trovare qualcuno con cui parlare senza doversi trattenere, del resto durante il fine settimana il Beta lo aveva ascoltato a lungo mentre si lamentava del loro capo eppure c'era qualcosa nell'espressione del biondo che lo infastidiva, quella continua gentilezza immotivata e quel sorriso che sembrava doverlo contraddistinguere per forza, in quel contesto, gli davano fastidio e JungKook avrebbe voluto gridargli che nel mondo non succedevano sempre cose per le quali sorridere eppure non ne fece cenno perché lui e JiMin non erano la stessa persona. «Ti ricordi il messaggio che mi ha mandato ieri sera?», lo guardò annuire, «Beh, non solo stamattina non c'era nessuna riunione urgente ma lui si è addirittura presentato in ufficio alle nove in compagnia di YoonGi», quel concetto di per sé era sufficientemente assurdo da mandare l'Omega fuori di testa ma visto che il suo interlocutore non sembrava così tanto infastidito, decise di continuare con il racconto anche se non avrebbe voluto sembrare ridicolmente geloso, «E come se non bastasse quel "nano da giardino" mi ha ordinato di preparargli la colazione e togliermi dai piedi. Ti rendi conto? Come se io fossi alle sue dipendenze».

Lo sguardo serio ed arrabbiato che JungKook aveva stampato sul viso avrebbe dovuto fargli capire quanto il ragazzo stesse prendendo sul serio quella situazione ma JiMin, al contrario, a stento stava riuscendo a trattenersi dal ridere, «E tu hai pensato bene di venire a rintanarti nel mio ufficio», l'altro, dopo aver portato le braccia conserte al petto, annuì vigorosamente e visibilmente infastidito, «Sembrate due bambini che si fanno i dispetti».

«Cosa?», gli occhi del moro quasi non gli uscirono dalle orbite, se in quel momento JungKook avesse avuto qualcosa in bocca sicuramente l'avrebbe sputata strozzandosi con buona pace di JiMin che lo stava fissando preoccupato per la vena che gli si era gonfiata sul collo, «È lui il bambino viziato e stupido. Non stiamo mica giocando ed io non ho tempo da perdere dietro ai suoi capricci. Tra gli studi, gli allenamenti e questo tirocinio ho a malapena il tempo di mangiare e dormire e lui cosa fa?», per un secondo si fermò a guardare il suo interlocutore che nonostante lo stesse ascoltando in silenzio e con attenzione non sembrava indignato tanto quanto JungKook voleva fosse, «Ha idea dell'orario al quale mi ha fatto svegliare? Io non ho un fottuto autista che mi porta dove voglio e devo dare delle spiegazioni ai miei genitori che mi vedono uscire e rientrare ad orari improbi e per giunta devo giustificarmi con i miei insegnati per le assenze», ancora una volta l'espressione che JungKook avrebbe voluto vedere nello sguardo di JiMin non c'era, non voleva certo che si schierasse contro il suo miglior amico ma neanche che lo guardasse con pena, «Vabbè lasciamo perdere, tanto non otterrei comunque niente lamentandomi tutto il giorno con te», l'espressione rilassata che si dipinse sul volto del Beta lo rattristò, ancora una volta aveva ragione: lui era soltanto un estraneo tra quelle persone ed i suoi problemi erano suoi e di nessun altro, «Posso rimanere a lavorare da qui, hyung?»

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