Tutto Cambia Ma Niente È Cambiato

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~ Episodio 3 ~






Il tragitto per tornare a casa, nonostante le poche macchine in giro la domenica nel tardo pomeriggio, era stato alquanto tormentato e JiMin non aveva fatto altro che pensare alle ore trascorse in compagnia di JungKook. C'erano tante le cose che avrebbe voluto dirgli e sicuramente avrebbe voluto offrirgli molto più sostegno, ma per vari motivi non ci era riuscito: primo, a causa dell'aroma di limone che impregnava tutta casa Jeon, si era sentito irrequieto per tutto il tempo; secondo, il padrone di casa sembrava sulla difensiva.

Forse avergli detto che capiva il suo stato d'animo era stato un azzardo, visto che non aveva mai avuto diverbi né sul lavoro né con il suo miglior amico. Ma JiMin sapeva bene cosa significava essere denigrato, sapeva cosa si provava nell'essere giudicato inferiore, un problema da risolvere in fretta e senza agitare troppo le acque. Soprattutto aveva ben presente la sensazione di non essere all'altezza e, anche se era certo di avere quel peso in comune con il nuovo arrivato, sentiva - come sempre del resto - di non poter paragonare il loro dolore, di essere in difetto.

Era stato invadente? Sì, per messaggio aveva chiesto il permesso, ma come avrebbe potuto JungKook dirgli di no se non avesse voluto vederlo? Sarebbe stato maleducato da parte sua, eppure alla fine lo aveva mandato via senza farsi troppi problemi, quindi anche l'invito a recarsi da lui forse era stato spontaneo.

Forse aveva sbagliato a parlare di quell'odore? Ripensando alle parole che aveva usato, il Beta non era riuscito a trovarne nessuna di cattivo gusto o maleducata, perché offendere JungKook non era una delle opzioni. Anzi, se fosse stato più sicuro di sé stesso, avrebbe voluto fargli milioni di complimenti che invece aveva, fortunatamente, tenuto per sé.

Le domande, come i dubbi e le paure, erano tante e non solo avevano accompagnato JiMin fino al suo ritorno a casa, ma erano state fomentate dalla solitudine che lo aveva accolto tra quelle quattro mura. A differenza del suo miglior amico, lui amava tutto ciò che in casa sua era automatizzato ed era persino felice di farsi "prendere in giro" dalla tecnologia. Quando tutte le luci della casa si accendevano, era solito fare un respiro di sollievo perché quel piccolo espediente lo faceva sentire meno solo, meno abbandonato. Le stanze erano calde ed accoglienti, le tende tirate gli nascondevano l'oscurità della notte, il televisore era già sintonizzato sul suo canale preferito - quello che trasmetteva drama ventiquattro ore su ventiquattro - e persino il volume del dispositivo era quello giusto, quello che gli avrebbe permesso di ascoltarlo fin dal bagno. Il forno, tra venti minuti, avrebbe cominciato a riscaldare il cibo che lui però non si sarebbe sentito in diritto di mangiare perché quel giorno non si era allenato, non aveva lavorato e neanche camminato per più di cinque minuti, restando invece seduto a giocare ai videogiochi con JungKook.

No, non si era dimenticato di quel ragazzo, della voglia di parlargli che lo aveva assalito fin dal venerdì sera e che quella domenica era diventata così persistente da spingerlo ad invitarsi a casa Jeon. Era riuscito a trovare il coraggio eppure non aveva portato a termine nessuno dei suoi intenti. Non lo aveva tirato su di morale, anzi, quando aveva lasciato quella casa, JungKook gli era sembrato più triste, angosciato e chiuso di prima. Non era riuscito a capire cosa spingesse TaeHyung a litigare con la stessa persona con cui aveva scambiato frasi sdolcinate nel letto accanto al suo in quell'albergo - chiederlo direttamente sarebbe stato assurdamente fuori luogo e JungKook non ne avrebbe mai parlato di sua spontanea volontà. Non era quel tipo di persona.

JiMin invece, che tipo di persona era? Una che insisteva? Che andava fino in fondo pur di conoscere la verità e poter ottenere così la cosa che in quell'ultimo periodo desiderava più di ogni altra? No, lui era un codardo. Un vigliacco che non sarebbe stato capace di chiedere neanche quello che gli spettava di diritto.

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