Sono Uno Stupido

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~ Episodio 3 ~

E così come aveva detto, dopo aver mandato via i suoi amici dall'ufficio, TaeHyung era tornato a casa molto presto. La cena di quella sera non riguardava soltanto la sua famiglia perché suo padre aveva invitato alcuni dei CEO più importanti di Seul solo per mettere in mostra la sua meravigliosa casa, la sua perfetta famiglia ed infine lui, suo figlio, non meraviglioso e decisamente non perfetto, il figlio sbagliato, quello che avrebbe dovuto renderlo orgoglioso e che invece lui voleva distruggere ad ogni costo.

Fin da piccolo sua madre non aveva fatto che ripetergli che era perfetto, il suo piccolo miracolo, il bambino che aveva desiderato e per il quale aveva pregato giorno e notte ma al contrario suo padre lo aveva sempre trattato con freddezza, come se non fosse contento di averlo tra i piedi. TaeHyung ci aveva provato, cercava di impegnarsi negli studi per avere buoni vuoti per poi poterlo aiutare nell'azienda ma più lui si impegnava, più gli altri si complimentavano con lui, più suo padre sembrava mal sopportarlo e così dopo molti anni e molti tentativi aveva cominciato a ripagare il genitore con la stessa moneta, non gli importava più di avere la sua approvazione né di renderlo orgoglioso e quando aveva capito, forse fin troppo presto, il motivo di tutta quella riluttanza nei suoi confronti, aveva intrapreso quella strada che il padre voleva precludergli solo per fargli dispetto ma adesso quella ripicca gli si stava ritorcendo contro richiudendosi intorno a lui come una splendida gabbia dorata.

Avrebbe voluto arrivare in ritardo e presentarsi in tuta da ginnastica e scarpe da tennis così da rendere più facile il compito di suo padre, l'uomo avrebbe potuto cominciare il caro vecchio discorso su quanto fosse difficile inculcare i veri valori, il rispetto per le tradizioni e per la famiglia nei giovani di oggi – anche se in verità quello che avrebbe voluto dire era quanto fosse umiliante e difficile per lui avere a che fare con un figlio omosessuale – ma poi pensò a sua madre, a quanto lei invece fosse orgogliosa di lui e quanto amasse mostrarlo con fierezza alle sue amiche ed allora si vestì con uno degli outfit di sua creazione che più amava, una camicia stampata con un disegno autunnale sui toni dell'ambra, del marrone e dell'oro ed un pantalone color vinaccia che avrebbe completato il tutto con classe ma al contempo comodità e per finire fece in modo di suonare alla porta della grande villa dei Kim venti minuti prima dell'orario previsto per la cena, ricevendo in cambio il sorriso più luminoso che avesse mai visto sul volto di sua madre.

Non appena era arrivato a casa, con non poca fatica, JungKook si era subito chiuso in camera sua, quei continui alti e bassi tra lui e TaeHyung, oltre al suo stato di salute vacillante non lo aiutavano certo ad affrontare al meglio le sue giornate già fin troppo incasinate. Fin da quando era entrato all'università gestire JinYoung ed il "Branco" era stato complicato, gli Alfa, soprattutto se giovani, milionari e viziati ottenevano sempre ciò che volevano ma cosa avrebbero potuto volere da lui due dei rampolli dell'alta società di Seul? Niente, perché a volerlo non erano loro ma un Beta, uno che non avrebbe mai potuto averlo senza l'aiuto di qualcuno di più forte, di due Alfa pronti a tutto per aumentare il potere delle loro famiglie, persino vessare un ragazzo che non gli aveva mai creato problemi e che non avrebbe mai attraversato neanche una delle strade che avrebbero percorso nella loro vita se non fossero stati essi stessi a volerlo ed era così, l'avevano voluto e da quel giorno non lo avevano mai più lasciato in pace.

Aveva sentito perfettamente il leggero bussare alla porta, aveva evitato di entrare in cucina di proposito perché lei si sarebbe accorta del suo malessere, dei suoi occhi persi e lo sguardo stanco e combattuto – forse avrebbe fatto meglio a lasciare l'azienda – ma sua madre non avrebbe mai rinunciato al suo bacio né ad occuparsi del suo bambino, da diciassette anni quello era diventato lo scopo della sua vita, amare ed accudire quel bimbo sporco, smarrito e solo; lo aveva sentito ed aveva fatto finta di niente fino a quando la voce di sua madre non aveva risuonato non solo in bagno ma in tutta la casa, «Sto facendo la doccia, mamma».

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