~ Episodio 1 ~
- 13 Ottobre, martedì -
Cinque e quarantacinque, la sveglia suonava ininterrottamente da quindici minuti e soltanto adesso JungKook era riuscito a sentirla, o meglio aveva sentito le urla del padre che lo chiamava ed il rumore del legno della porta che veniva percosso dai pugni dell'uomo. Preso dal panico si alzò di fretta inciampando sul tappeto blu che sua madre si ostinava ancora a mettere perché lui, come prima cosa al suo risveglio, non sentisse il gelo del pavimento, e corse verso la porta sbloccando la serratura, la chiudeva da quando gli avevano dato il permesso di farlo a sedici anni. «Scusami, ho dormito male e non l'ho sentita», aprire quella porta non stata la decisione giusta da prendere, e non lo avrebbe fatto se non fosse stato ancora intorpidito dal sonno, lo capì quando la grande mano del padre lo colpì in pieno volto con forza e decisione.
«Tu pensi sempre e solo a te stesso», la mano, con il dito puntato contro il petto del figlio, tremava vistosamente a causa dei nervi, «Per te e tua madre contano solo i tuoi problemi ed i tuoi impegni. Ma non vivi da solo in questa casa JungKook-ah», gli diede le spalle per allontanarsi, non gli interessavano le sue scuse e le sue motivazioni, voleva soltanto umiliarlo, togliergli dal viso quell'aria di superiorità che lui gli vedeva indossare giorno dopo giorno fin da quando lo avevano portato a casa, «E non presentarti a tavola per la colazione. Oggi non mi va di vedere la tua faccia».
La guancia gli bruciava ma oltre a quella sofferenza fisica non sentiva niente, nessuna tristezza, nessun dolore e nessuna recriminazione, quell'uomo non era suo padre, non aveva l'obbligo di amarlo e lui non aveva il diritto di doversi sentire amato. Non mentiva a sé stesso, vedere le altre famiglie felici lo faceva sentire geloso ma il sentimento che prevaleva era sempre la rabbia, rabbia per ciò che la vita gli aveva tolto. La vita, la natura, il caso o un'altra fra tutte le migliaia di dei che componevano il Pantheon di divinità nelle quali il genere umano credeva, aveva deciso che Jeon JungKook non meritasse di avere una vita facile.
Indossò la sua solita tuta, ingoiò le due pillole che lo avrebbero stordito e salvato, rinunciò al latte per non disturbare l'uomo che stava facendo colazione seduto al tavolo della cucina e dopo aver inforcato le cuffie uscì di casa per correre e liberare la mente, quella mattina aveva lezione e nel pomeriggio il lavoro quindi non aveva tempo per lasciarsi distrarre da un unico evento negativo. Corse più veloce per arrivare in fretta al combini della signora Zhāng, in un modo o nell'altro doveva fare colazione, gli sarebbe bastato un brick di latte alla banana, o almeno così pensava prima di finire sotto le grinfie dell'anziana donna che lo accolse con un sorriso ed un abbraccio.
«Xiao Jeon, non ti lascerò uscire da questo negozio con una colazione tanto misera, tu siediti e poi mi racconti cosa sono quella faccia triste, quella guancia rossa e quei lividi sul collo», la donna, che lo aveva fatto accomodare nello stanzino adiacente al negozio, gli parlava mentre era intenta a preparargli del latte caldo. Lui intanto la guardava muoversi un po' claudicante per via del solito dolore all'anca del quale si lamentava ogni volta che aveva modo di parlarle; spesso anche lui si era ritrovato a raccontarle dei suoi problemi ma non era mai stato completamente sincero, come del resto non lo era con sé stesso, ma quella mattina JungKook aveva esaurito la sua dose di bugie.
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Addicted
Fanfiction[Omegaverse] Un amore malato lo definirebbero molti Ma noi lo chiameremo Addicted. Perché? Per via dell'incoercibile bisogno che hanno uno del corpo dell'altro. Perché non si bastano mai come al corpo non basta un unico respiro. Perché sono arresi e...