Attenzioni Spiacevoli

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~Episodio 3 ~






«Mia madre parla tanto, vero?», lei era andata via da cinque minuti, TaeHyung l'aveva accompagnata fino all'auto, dove il suo autista la stava aspettando, lasciandole un bacio prima di andare via, «Credo che farò essiccare questi fiori e che li terrò in ricordo di un giorno memorabile», le aveva detto sorridendogli come forse non aveva mai fatto e l'Alfa si ritrovò a pensare che quel sorriso c'entrava poco con lui ma che invece fosse tutto merito di JungKook.

«È simpatica», conoscendo il marito e per certi versi il figlio, non si sarebbe aspettato di trovarsi davanti una donna così alla mano, sorridente e socievole.

«Intendevi a differenza di suo figlio?», il giorno precedente si erano lasciati in malo modo, TaeHyung non pensava di aver sbagliato e quindi non era pronto a scusarsi e neanche a cominciare a fidarsi delle buone azioni che JungKook si stava prodigando ad elargirgli ma fece comunque un passo indietro pensando a quella intera giornata, cercando di rimediare ad alcune delle cose che aveva fatto e detto cominciando da quella piccola, stupida battuta.

JungKook sorrise perché quello che il maggiore aveva detto era la pura verità, anche per lui il confronto era stato immediato, «Non è colpa tua i geni si combinano», lo aveva detto senza malizia e senza secondi fini, insultarlo o mortificarlo non era sua intenzione ma si accorse di averlo fatto quando vide il leggero sorriso, con il quale TaeHyung aveva reagito alla sua stessa risposta sarcastica, sparire dal suo viso.

«Quindi secondo te somiglio a mio padre», non era una domanda ma una constatazione carica di amarezza. Nessuno lo aveva mai paragonato a lui, fin da piccolo TaeHyung era sempre stato un ragazzino simpatico, pronto ad aiutare chi ne avesse bisogno, JiMin gli diceva sempre che lavorare con lui gli piaceva, sapeva mettere a suo agio chiunque perché non si limitava a non far sentire in imbarazzo i suoi dipendenti, lui andava oltre, li faceva sentire apprezzati e capaci. Eppure tutto questo con JungKook non lo stava facendo, no, lo stava trattando come suo padre aveva sempre fatto con lui. Con malcelato disprezzo.

Doveva e voleva scappare da quella situazione, da quegli occhi che dietro all'indifferenza lo giudicavano, da quegli occhi che aveva ferito più volte in così poco tempo, «È il fine settimana ed io sono stufo. La nostra giornata lavorativa finisce qui». Aprì la portiera dell'auto per entrarci, senza guardare il volto dell'altro, non voleva scorgere i suoi pensieri dal cambiamento di quegli splendidi lineamenti, e fu ancor più sicuro di dover scappare da quella situazione dopo essersi accorto della riflessione che aveva fatto sulla bellezza del minore.

JungKook sgranò gli occhi erano appena le cinque e un quarto e già lo stava mandando a casa, di quel passo non avrebbe imparato nulla pur lavorando per una delle società più importanti del paese. Incredibile, una cosa simile poteva accadere soltanto a lui. «Mi mandi a casa prima anche oggi?», la delusione nella sua voce era più che evidente.

La frustrazione era palese nel tono di voce di JungKook ma anche immotivata, non lo stava cacciando come aveva fatto il giorno precedente, no, TaeHyung era davvero esausto, «Non ti sto mandando a casa, ci sto andando anche io». Lo vide annuire più tranquillo e sorrise, bastava davvero poco per tranquillizzarlo, forse ci teneva veramente al suo lavoro ed alla sua approvazione, «Adesso sali ti accompagno a casa».

Tutta quella gentilezza lo aveva colpito e messo in allerta ancor più delle volte che lo riempiva di insulti, si sedette accanto al posto del guidatore, allacciò la cintura e rimase in silenzio a fissare la strada che scorreva dal finestrino veloce e sfocata, spesso la sua vita sembrava andare avanti così, senza che lui riuscisse a vedere chiaramente cosa stesse accadendo. Erano trascorsi già cinque minuti, cinque minuti di puro silenzio ed imbarazzo quando JungKook si decise a parlare, «È per questo che siamo venuti senza autista?», lo sguardo perplesso sul volto del maggiore gli fece intendere che non aveva capito a cosa si stesse riferendo, «Avevi già deciso che non saremmo tornati in ufficio dopo l'incontro con tua madre?». Forse non erano fatti suoi e stava oltrepassando un segno che era stato chiaramente disegnato dal suo capo in quei pochi giorni che avevano trascorso insieme ma se l'alternativa era rimanere in silenzio a fissare il vuoto mentre l'altro lo scarrozzava in giro per la città, JungKook preferiva fare la figura del ficcanaso.

«Il venerdì sera io ed i ragazzi andiamo a divertirci in un pub di Gangnam-Gu», lo guardò in tralice per cercare di notarne l'espressione e si meravigliò quando lo vide semplicemente annuire come per affermare che aveva capito e non giudicato. Forse per JungKook era meglio sapere che i suoi piani prevedevano svago e divertimento piuttosto che pensare che lo stava allontanando perché non si fidava di lui, perché non lo voleva accanto o non lo accettava, «Tu invece cosa fai il venerdì sera?»

Tutta quella situazione cominciava ad avere del surreale, davvero si stavano confidando come due vecchi amici? Forse quello era il piccolo miracolo creato dalla signora Kim che in una misera ora non aveva fatto altro che parlare bene di JungKook mettendo davanti al figlio tutte le cose belle che era riuscita a vedere in lui, «Vado a letto presto perché domattina ho gli allenamenti di nuoto».

«Giusto, sei un atleta», lo aveva detto con una bella intonazione, serena e dolce come se fosse solo una semplice constatazione dei tanti impegni del più giovane ma nella sua voce si poteva notare un'inflessione alla quale TaeHyung non prestò attenzione volontariamente. Forse orgoglio?

Il sorriso che aveva lievemente piegato le sue labbra era bello e gentile, non si stava prendendo beffe di lui, era sincero, «Si, sono un tipo abbastanza noioso».

«No, direi piuttosto che sei un tipo tranquillo», forse la parola tranquillo non gli si addiceva granché visti gli innumerevoli segni che JungKook aveva costantemente sul viso ma forse era un buon modo per non farlo sentire strano ed imbarazzato.

JungKook annuì pensoso, TaeHyung continuava a sorprenderlo ed anche se sapeva che quella pausa pacifica tra loro non sarebbe durata a lungo cercò di godersi il momento continuando a guardare fuori dal finestrino sotto lo sguardo vigile dell'Alfa che non mancava di controllarlo ogni volta che dovevano fermarsi ad un semaforo. Osservare il mondo scorrere lo tranquillizzava, la velocità con la quale le immagini si susseguivano avrebbe dovuto mettergli agitazione ma per lui non era così, per JungKook riuscire a non mettere a fuoco nulla e lasciar passare davanti a sé la vita degli altri senza esserne minimamente sfiorato gli davano un senso di pace e speranza. Sì, JungKook sperava di poter essere anche lui come quelle persone, invisibile, lontano dagli occhi e dall'interesse di tutti, una figura sfocata fra tante e soprattutto si auspicava di poter passare inosservato.

Il suo aspetto non glielo permetteva mai.

Il suo odore non glielo permetteva mai.

Il suo aspetto ed il suo odore lo sottoponevano sempre ad attenzioni inopportune.

Ed inopportuno sarebbe stato farsi lasciare dal suo capo proprio davanti alla sua abitazione permettendo a qualcuno di vederlo uscire da quell'auto. Avrebbe voluto farsi accompagnare a casa da TaeHyung per non sembrargli diffidente ma non era possibile e dirgli che non voleva essere visto in sua compagnia la prima volta che stava avendo una conversazione decente con lui non era certo la cosa migliore da fare, così trovò la scusa della bicicletta che doveva recuperare davanti alla Metropolitana per non destare nessun sospetto.

«Possiamo caricarla in macchina», si era stupito lui stesso di quello slancio di gentilezza, aveva avuto la possibilità di districarsi da quella situazione eppure si era ritrovato ad offrirgli ancora il suo aiuto aspettandosi tutto dal minore tranne la risposta che aveva ricevuto.

Quella frase lo aveva gelato, era convinto di averlo persuaso dal portarlo fin davanti all'uscio senza neanche dover mentire ma le cose non andavano mai come JungKook se le aspettava, prese un respiro profondo e cercò la forza per dire quella verità che gli pesava più delle bugie che spesso si inventava ma che quella sera non voleva propinare anche a TaeHyung, «Hyung, a casa mia sanno che sono bisessuale ma mio padre non vede di buon occhio la cosa quindi evito di farmi accompagnare dai ragazzi».

Lo fissò a lungo in silenzio, era stato stupido da parte sua credere che JungKook, solo perché era di una classe sociale meno in vista della sua, potesse vivere con più tranquillità e permissivismo il suo orientamento sessuale e adesso, dopo quella rivelazione sincera, i lividi che fin dal primo giorno il ragazzo aveva sul volto cominciavano ad assumere un significato diverso, «Ok. Lo capisco. Lunedì mattina verrai in ufficio?»

Sì, lunedì sarebbe stato in ufficio fin dal mattino. Adesso sarebbe andato a casa a studiare, ad aiutare in cucina per la gioia di sua madre ed a fare da parafulmine per la rabbia di suo padre.

L'indomani mattina avrebbe partecipato agli allenamenti per rendere fiero di sé il mister, l'ateneo e così via, ogni giorno, ogni azione ed ogni pensiero erano votati ad accontentare qualcuno, a sopportare qualcosa ed a negarsi ciò che per tutti gli altri era normale, essere sé stesso.

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