Io

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~ Episodio 2 ~








Spesso l'entusiasmo è effimero, si nota qualcosa, la si osserva, la si desidera, si fa il necessario per ottenerla e subito dopo averla avuta tra le mani ce ne si stanca inevitabilmente, questo accade spesso anche da bambini, vediamo un giocattolo, lo vogliamo, lo chiediamo, battiamo i piedi, piangiamo e strepitiamo fino a quando non lo abbiamo ottenuto e dopo averci giocato per un po' o non appena un amichetto ci mostra qualcosa di nuovo ecco che ricominciamo quel circolo vizioso che ci porta soltanto ad essere costantemente scontenti di ciò che possediamo. Da bambini non ce ne si accorge perché la mente è così impegnata a scoprire cose nuove che non comprendiamo l'importanza di tenere da conto ciò che ci ha accompagnati nel percorso di crescita oppure, cosa ancor più importante, quello che ci ha allietato le giornate regalandoci decine di sorrisi ma da adulti questo atteggiamento puerile dovrebbe abbandonarci dandoci modo di imparare a dare la giusta importanza alle cose ed alle persone che ci circondano, eppure la maggior parte delle volte non è così. Ci dimentichiamo che un determinato libro ci ha scaldato il cuore perché ci ha fatto conoscere l'esistenza di un amore speciale o più semplicemente ci ha insegnato una parola sconosciuta, oppure in una giornata di pioggia ci ha tenuto compagnia in casa mentre, al calduccio sotto la nostra coperta preferita, ci raccontava di mondi lontani mai visti; trascuriamo quella persona che chiamavamo amica e che ha messo da parte il proprio io per renderci felici, o di quella che ha riempito le nostre lacune condividendo con noi la sua essenza permettendoci così di succhiargli via l'anima senza avere niente in cambio, ci scordiamo di quel piccolo oggetto che quando abbiamo stretto per la prima volta tra le mani ci ha fatto tremare il cuore e brillare gli occhi, lasciando che il tempo, trascorrendo inesorabile, riempisse di polvere quell'oggetto, quei libri e quelle persone, facendo cadere l'oblio sulla gioia che ci aveva dato possederli, conoscerli. Erano questi i pensieri che affollavano la mente di TaeHyung mentre guardava il suo segretario muoversi svelto per allestire il pranzo che da lì a pochi minuti avrebbero consumato insieme agli altri colleghi, erano riflessioni complicate per la sua mente già labile e soprattutto erano ragionamenti che lo avrebbero spinto soltanto a dubitare, di sé, del suo Omega e del loro futuro. Presto avrebbero perso l'entusiasmo di essere l'uno dell'altro e per l'altro?

JungKook era bello da guardare mentre lavorava, sempre elegante nei movimenti, si spostava da un punto all'altro della stanza, calibrato e sicuro senza sembrare affaticato, oberato di lavoro o semplicemente scoordinato ed era uno spettacolo da osservare mentre facevano sesso; la sua pelle d'alabastro imperlata di sudore era ancora impressa negli occhi dell'Alfa come il quadro più bello, ma non come il dipinto del suo ragazzo dagli occhi porpora che faceva bella mostra di sé soltanto a lui, all'interno delle mura di casa sua, no, purtroppo Jeon JungKook era un quadro che molti avrebbero avuto il piacere di ammirare e toccare perché lui non avrebbe potuto farlo suo semplicemente acquistandolo. Scosse la testa, se avesse continuato a pensare in modo così negativo prima o poi avrebbe commesso un errore ed avrebbero litigato di nuovo, «Verranno tutti e tre?»

Il ragazzo, preso alla sprovvista da quella domanda improvvisa si girò verso l'altro uomo stranito, era convinto di avergli già detto che i tre Beta avevano accettato l'invito eppure rispose lo stesso, «Si, TaeHyung-ssi». Si fissarono per alcuni attimi prima che il telefono dell'Alfa suonasse e che questo uscisse dalla stanza per rispondere, aveva quasi raggiunto la sua scrivania quando sentì di nuovo la voce di JungKook richiamarlo, «Sei sicuro di stare bene?», l'Omega non era certo di cosa volesse sapere attraverso quella domanda, non c'era un vero e proprio motivo per il quale l'altro dovesse avere problemi – era stato con lui tutta la mattina e non era successo nulla di insolito – eppure gli sembrava strano, più volte in quella mezz'ora lo aveva notato osservarlo di sottecchi come se avesse paura di vederlo dissolversi e non poteva biasimarlo, come avrebbe potuto, visto che prima o poi sarebbero spariti uno dalla vita dell'altro. La risposta affermativa che ricevette non lo convinse ma tornò al suo lavoro lasciando che il maggiore rispondesse a quella telefonata che, a quanto aveva potuto capire, doveva essere privata e spiacevole visto che la porta dell'ufficio era stata chiusa con un sonoro tonfo.

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