Sono Un Disadattato!

277 40 12
                                    

~ Episodio 1 ~








- 23 Ottobre, venerdì -




Il suono delle lacrime di JiMin non lo aveva abbandonato tanto facilmente, dormire non era più un'opzione plausibile, forse non lo era stata fin da quando quell'odore che odiava con tutto sé stesso lo aveva svegliato, per più di un'ora aveva provato a studiare, si era seduto davanti alla sua scrivania con gli appunti di giapponese che aveva preso qualche giorno prima, era bravo in quella lingua ma non quanto lo era nel cinese o l'inglese e ci teneva con tutto sé stesso a migliorare perché odiava essere mediocre ma anche quel pensiero non era bastato a spronarlo, né a concentrarsi e neanche a dare il meglio per sfruttare quelle ore di sonno perse oramai per sempre.

In meno di cinque minuti si ritrovò in tuta, il pigiama abbandonato sul letto, il cellulare in tasca e le gambe che si muovevano veloci nel corridoio, poi dritto fuori casa e sul selciato. Erano a malapena le quattro, l'aria era gelida a causa della pioggia che era caduta copiosa per buona parte della notte ed i marciapiedi erano scivolosi, avrebbe dovuto prestare più attenzione del solito se non voleva ripetere la caduta disastrosa di due giorni prima, si portò il cappuccio della felpa sulla testa e rabbrividendo un poco cominciò a correre, ¨«Almeno così non ti si gelerà il culo JungKook»¨. Nelle orecchie la lista di canzoni che era solito usare per darsi il ritmo era arrivata ad una delle sue preferite, quella che gli faceva aumentare il passo, che lo faceva correre così veloce da sentire il cuore battergli dritto nelle orecchie, correre come se i nemici di cui parlava il testo fossero proprio alle sue calcagna «Okay, I'm hoping that somebody pray for me. I'm praying that somebody hope for me»¹, sussurrò, era così che si era sentito JiMin la sera precedente? Senza nessuno che si interessasse a lui nonostante il Beta fosse sempre in prima linea per gli altri? «Ed io cosa potrei fare per te quando mi sembra di affogare anche soltanto mettendo un piede in queste cazzo di pozzanghere?», l'acqua della pozza che aveva appena calpestato mettendo più forza del dovuto nella pianta del piede gli sporcò il bordo dei pantaloni facendolo imprecare a mezza voce, senza neanche accorgersene la canzone era finita così come la salita ed insieme ad esse il suo fiato.

JungKook si fermò a guardare la breve discesa che lo avrebbe portato davanti al piccolo negozio della signora Zhāng, era troppo presto perché l'anziana donna fosse già a lavoro e non gli andava di essere preso per un invasato che correva alle quattro del mattino nonostante la temperatura invernale da un commesso che conosceva appena quindi abbandonò l'idea di fermarsi per comprare qualcosa di caldo e ricominciò a correre. Odiava come i muscoli delle gambe gli bruciassero quando cominciava a contrarli per affrontare l'inclinazione di quella strada, piuttosto avrebbe preferito che la salita si protraesse per altri chilometri, sorpassò velocemente l'esercizio commerciale e quando fu sufficientemente lontano rallentò il passo per lenire il calore che gli si diramava nei muscoli stanchi di cosce e polpacci: a volte l'impegno che ci metteva in ogni punto del suo allenamento lo faceva sorridere di sé stesso perché avrebbe dovuto correre il quadruplo ed allenarsi dieci volte tanto, rispetto ad un qualunque Alfa che avesse voluto superarlo in acqua. JungKook sapeva solo di essere un Omega fortunato in questo, perché fino a quel momento nessuno dei suoi compagni sembrava voler prendere sul serio quel club.

¨«Il sole sta sorgendo»¨, si fermò di colpo, ¨«Vuoi guardarlo?»¨, invece di una risposta JungKook ricevette in cambio delle piccole fusa, un gorgoglio gutturale che lo fece sorridere, ¨«È bello»¨, l'Omega scosse la testa in segno di assenso, lo era, l'alba ed il tramonto erano uno spettacolo senza eguali eppure poter essere lì ad ammirarlo non era un dono ma una dannazione, perché avrebbe pagato cara, durante la giornata, quella mancanza di sonno. Come sempre JungKook quando riceveva un regalo doveva costantemente tagliarsi con la carta e soffrire per quel leggero bruciore. ¨«Sei tu ad essere bello»¨, diede un ultimo sguardo verso l'orizzonte, il sole man mano stava diventando sempre più giallo e sempre meno rossastro ed il cielo presto avrebbe perso il manto dell'aurora lasciando spazio al gelido azzurro ceruleo che avrebbe presagito una giornata fredda, e ricominciò a correre verso casa, mancava ancora metà percorso e lui non solo era già stanco ma stava morendo di freddo.

AddictedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora