Sono Un Pazzo A Crederci

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~ Episodio 3 ~



Sono Un Pazzo A Crederci






«AVRESTI DOVUTO DIRMELO, CAZZO!», non appena JungKook gli aveva parlato del suo calore inaspettato e delle medicine che gli impedivano di nascondere le sue note olfattive, TaeHyung, cercando di mettere più distanza possibile tra il suo corpo e quello del suo segretario, Omega e compagno, si era chiuso nel suo studio. Era proprio da dietro la porta di quella stanza che aveva cominciato ad urlargli contro.

«E TU COSA AVRESTI FATTO?! EH?», JungKook diede un calcio contro la porta per cercare di attenuare la rabbia. Sapeva di avere torto, ma al contempo non sopportava l'idea di dover rendere conto di ogni cosa gli accadesse, per tutto il resto della vita, ad un altro uomo – che fosse un padre, un compagno, oppure un datore di lavoro. «Immagino che saresti stato così magnanimo da scoparmi sul tavolo del tuo cazzo di ufficio per farmi passare la voglia», questa volta fu il palmo della mano a colpire ripetutamente e con forza la porta, «Giusto?», ad un altro pugno seguì un calcio e così di seguito, fino a quando colto dalla frustrazione non si allontanò imprecando. «Sai che ti dico? Vaffanculo!»

«Vaffanculo. Vaffanculo. Vaffanculo». L'immobilità che lo aveva colpito una volta entrato nel suo ufficio adesso si era trasformata in un moto perpetuo che TaeHyung non riusciva ad arrestare, come non era in grado di smettere di ripetere quell'imprecazione. «Non sai dirmi nient'altro», per la disperazione si afferrò i capelli, «Sempre e soltanto vaffanculo». A grandi falcate raggiunse la porta e la spalancò. Non era meno arrabbiato di prima, ma adesso aveva tutte le intenzioni di chiarire.

Se non fosse stato per l'immagine riflessa nello specchio, JungKook si sarebbe accorto comunque della presenza di TaeHyung, dietro di lui, perché l'odore di vaniglia e cioccolato era così intenso da fargli tremare le gambe. La certezza di dover ingoiare una o anche due pillole divenne imperante nella sua mente quando sentì qualcosa di umido bagnargli leggermente le cosce. Si asciugò il volto grondante d'acqua e, senza alzare lo sguardo, sorpassò l'altro per dirigersi alla sua scrivania e, più precisamente, al suo zaino dove sapeva avrebbe trovato il contenitore delle medicine – sua madre non avrebbe gradito, ma non doveva esserne per forza informata. Si accorse che l'Alfa lo aveva seguito e sapeva anche che lo stesse osservando, ma non era il momento di affrontarlo, non quando sentiva la voglia incontrollata di saltargli addosso e farsi fare qualsiasi cosa proprio sopra la scrivania dove stava riversando il contenuto della sua borsa per trovare ciò che cercava. ¨«Non dirmi che le ho lasciate a casa. Cazzo!»¨

Le mani di TaeHyung fremevano, era uscito dal suo ufficio con addosso la frenesia di parlare e chiarire quella situazione. Il suo compagno stava affrontando il suo primo calore e non solo non gli aveva detto niente ma anzi, con immensa sconsideratezza, si era esposto ai pericoli della strada, alla violenza della quale la società era permeata e alla mancanza di rispetto che l'universo maschile aveva verso le Omega. Ma JungKook era un maschio e forse non si sarebbe dovuto preoccupare per lui in quel modo. Eppure c'era qualcosa dentro TaeHyung, un forza primordiale che lo spingeva a preoccuparsi, una spinta della quale non riusciva a trovare la fonte ma che sentiva serpeggiargli dentro, incontrollabile ed irrefrenabili. Lo osservò uscire dal bagno con la testa china mentre si dirigeva verso la scrivania e poi svuotare freneticamente lo zaino in cerca di qualcosa che, vista la solerzia con la quale lo stava facendo, doveva essere di importanza vitale: di certo era più importante della sua presenza.

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