Sei Ingiusto Con Me

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~ Episodio 3 ~



Sei Ingiusto Con Me















Il tragitto in automobile, per i primi dieci minuti, era stato silenzioso. A differenza di come si scrive spesso nelle storie d'amore, era un vero e proprio silenzio imbarazzante. JungKook si era estraniato per evitare di affrontare l'imbarazzo del momento accaduto tra di loro sulle scale della Metropolitana, e TaeHyung lo aveva fatto per proteggere entrambi. Oramai gli era chiaro che l'Omega aveva bisogno di sfuggire ai momenti di debolezza e, rimanendo in silenzio, glielo stava permettendo. Lui stesso, invece, temeva di essere frainteso e poi trattato, di conseguenza, male. La casa di JungKook, però, non era così vicina al loro posto di lavoro e di certo non avrebbero potuto continuare a rimanere in silenzio, ma cosa avrebbe potuto dire? Un lampo di sicurezza gli attraversò lo sguardo: ridere sarebbe stata la strada giusta.

«Di che "gingillo" stavi parlando prima?» TaeHyung dovette trattenersi con tutte le sue forze per non voltarsi a controllare l'espressione di JungKook dopo quella domanda. Di certo, l'Omega non si era reso conto di essere stato sentito.

Se nella sua vita JungKook avesse mai deciso di usare gesti eclatanti e teatrali, quello sarebbe stato il momento giusto per cominciare. Dentro la sua testa, l'immagine di lui che si dava uno schiaffo in faccia con il palmo della mano era ben visibile. Come gli era saltano in mente di usare una parola così antiquata? ¨«Sto cominciando a parlare proprio come lui»¨. Dopo più di venti minuti finalmente si voltò a guardare l'espressione di TaeHyung: davvero lo stava prendendo in giro? Il sorrisino malizioso che aveva sul volto sembrava dire di sì. «Niente. Non stavo parlando di niente».

Nonostante ci provasse con tutto sé stesso, l'Alfa non poté fare a meno di sbuffare una risata a bocca chiusa. «Sei diventato rosso».

JungKook avrebbe voluto gridare che non era vero. Non aveva detto nulla di compromettente, non era stato colto in flagrante mentre si divertiva a scimmiottare la sua voce per dileggiarlo e soprattutto il suo volto non era diventato rosso come un peperone. Ma come avrebbe potuto asserire tutte quelle bugie, se l'altro lo aveva sentito con le sue orecchie? E più di ogni altra cosa, come avrebbe potuto negare quel rossore se lui stesso ne sentiva gli effetti sul viso? Infatti, le sue guance erano così calde che quasi gli lacrimavano gli occhi. «Sono gli ormoni», fu la prima scusa che gli venne in mente, e si odiò subito per averla pensata e detta. Anche lui stava diventando uno di quegli uomini che danno la colpa degli sbalzi d'umore al ciclo o al calore? Ma lui ne era vittima e poteva permettersi un bonus per giustificarsi, come quelle persone che possono fare battute sui loro difetti fisici, ma che non gradiscono se sono gli altri a farle?

Sentendo quelle parole, TaeHyung non poté fare a meno di scoppiare in una grassa risata. Si era trattenuto fin troppo, ma quel nascondersi dietro qualcosa che JungKook stesso aveva cercato di celare per vergogna, causando persino dissapori e litigi, ruppe gli argini del suo autocontrollo.

«Che ti ridi?!» Le braccia incrociate, il broncio sporgente e il cipiglio che aveva in viso fecero sembrare quella domanda più ridicola di quanto JungKook volesse. E quando come risposta ricevette soltanto un'alzata di spalle, decise di voltarsi definitivamente verso il finestrino. Forse al di là del vetro avrebbe trovato qualcosa di più interessante di uno stupido Alfa che si divertiva a prenderlo in giro.

Purtroppo per i due ragazzi, la tranquillità che sembrava regnare all'interno dell'automobile non rispecchiava il caos che imperversava tra le strade di Seul. A quell'ora, molte persone uscivano dagli uffici per tornare dalle proprie famiglie e in giro vi erano centinai di vetture. All'interno di ogni auto, uomini e donne erano di cattivo umore, a causa di una giornata stressante o proprio perché, invece di raggiungere la propria casa in fretta, erano imbottigliati nel traffico. Mentre TaeHyung, con le sopracciglia aggrottate, cercava di prestare attenzione alle file e ai semafori, JungKook continuava a guardare fuori dal finestrino. Ogni tanto, da una delle macchine che li affiancava, qualcuno si girava a guardarlo e per lui voltarsi dal lato opposto era quasi un atto automatico. Perché dovevano osservarlo in quel modo? Non avevano mai visto qualcuno guardare fuori dal finestrino? Forse un bambino. E lui un bambino non lo era più da molto, moltissimo tempo.

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