Jimin's povLa mia vita era sempre stata complicata, sin dal mio primo giorno.
Non ero mai stato come gli altri bambini: non avevo mai potuto avere quell'infanzia spensierata che tutti dovrebbero avere, liberi dalle preoccupazioni, che di certo non appartenevano a quell fascia d'età.
Non avevo mai potuto giocare al parco con gli altri miei coetanei, né tantomeno passare del tempo con loro, se non per scopi del tutto discutibili, come accordi tra branchi.
Ma in fondo ero stato anche fortunato: in parte per il mio carattere dolce e per il fatto che ero sempre stato molto... fragile, in parte perché ero comunque figlio -anche se non il migliore- del capo branco, non avevo avuto la stessa educazione ferrea che veniva data agli altri lupi.
Tuttavia questo non voleva dire che io non fossi stato obbligato a partecipare alla vita della gang, tra commissioni di ogni genere e tipo, avevo dovuto imparare "i trucchi del mestiere", se così si potevano chiamare.
Nonostante ciò avevo sempre cercato di tenermici il più lontano possibile.
Per mia fortuna non ero mai stato parte attiva di tutto ciò, semplicemente mi è stato imposto di osservare e imparare, e benché all'inizio mi rifiutassi, approfittando dell'affetto di mio fratello nei miei confronti, ad un certo punto si era ritrovato costretto a portarmi con sé.
Non gliene avevo mai fatto una colpa, assolutamente, neanche lui aveva potuto scegliere che tipo di vita fare, ma almeno l'aveva presa meglio di me, comportandosi da subito come un vero e proprio alfa, almeno lui era portato per questo tipo di vita.
Dopo la morte di papà toccò a lui, in quanto figlio maggiore, e visto che io ero un omega, non avrei mai potuto prendere il suo posto, non che lo volessi: mettiamolo in chiaro.A volte, soprattutto di notte, mi mettevo a riflettere, a sognare sul come la mia vita poteva essere, e la mia mente iniziava a viaggiare, completamente assuefatta: io non ero più io, il mio corpo non era più mio, ero libero.
Ogni volta che mi svegliavo, però, il sogno finiva, e con esso anche la mia libertà.
«Jimin, alzati, che è tardi» disse la voce di Namjoon, mio fratello, probabilmente intento a preparare la colazione insieme al suo compagno, Seokjin.
Benché non vivessero qui con me, dato che ormai stavano stabilmente nel loro appartamento in centro a Seoul, erano sempre molto presenti, e non solo quando mi obbligavano ad andare con loro durante qualche colpo: mi venivano trovare spesso, si preoccupavano di fare la spesa per me, e, quando stavo male, si prendevano cura di me.
Specialmente Jin.
Jin era... Jin.
Data la morte di mia madre quando io ero ancora un infante e le continue assenze di mio padre, troppo impegnato con i suoi loschi affari per badare ai suoi figli costantemente, mi era sempre mancata una figura genitoriale fissa: e Jin lo era diventato insieme a mio fratello.
Forse era perché il suo avere un istinto materno molto spiccato, o perché magari era entrato a far parte delle nostre vite in un momento di estrema fragilità per me, ma lo presi come riferimento.
Tutto questo mi ricordò che dovevo scendere dal letto e fare colazione;
«Mh... arrivo» sussurrai dunque io, anche se probabilmente nessuno dei due aveva effettivamente capito qualcosa, visto il tono da me utilizzato.A fatica mi trascinai fuori dalle calde coperte, infilando le ciabatte a forma di coniglio ai piedi e arrivando davanti alla porta di legno bianco, aprendola dopo aver fatto un respiro profondo.
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𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯
Fanfiction«Sai cosa si dice delle anime gemelle?» chiese, già pronto a sentire la voce dell'altro, che d'altro canto non tardò a farsi sentire: «Che si rincontrano sempre, non importa cosa accada?». «Precisamente, quindi non avere paura: noi ci ritroveremo...