Jimin's povL'aria primaverile aveva iniziato a farsi sentire da un pezzo, e quale occasione migliore di questa per fare delle mega pulizie in casa?
Avevo deciso di cominciare dalla soffitta, visto che quel giorno in cui Jin aveva fatto irruzione praticamente in casa mia avevo notato quanto fosse un enorme casino.
E così ora era là sopra, a sposare vecchi mobili e scatoloni polverosi.Dopo aver messo tutti i mobili al loro posto, passai alla pulizia del loro interno, cassetti e scatole varie, trovando cose delle quali non ricordavo nemmeno l'esistenza: un album di foto di quando i miei genitori si erano appena conosciuti, quando la mamma ancora aspettava Nam, dei vecchi vestiti sia loro, che miei e di mio fratello e un sacco di giocattoli.
Mia madre era davvero bella... ovviamente
-essendo morta quando ero piccolo- non me la ricordavo, ma grazie alle foto che papà e Nam mi avevano mostrato fin dai primi anni di vita avevo potuto vederla.I miei occhi erano identici ai suoi, azzurri e con un taglio dolce, per non parlare dei capelli, abbastanza chiari per la media coreana, o almeno lo erano prima che me li facessi tingere da Tae, cosa che tra l'altro avrei dovuto rifare di lì a qualche giorno.
Pensavo a un biondo cenere o qualcosa del genere... ma non ero pronto a separarmi dal rosa, quindi probabilmente sarei rimasto fedele a quel colore.Chissà se Namjoon assomigliava al suo padre biologico, me lo chiedevo spesso, della mamma aveva solo le guance e la dolcezza.
Non aveva mai voluto cercare quell'uomo che li aveva abbandonati anni prima, mai una sola volta ne aveva parlato: potevo capirlo, nemmeno io avrei voluto conoscere una persona così meschina.Perché diciamocelo, se si fosse pentito delle sue azioni sarebbe tornato per farsi perdonare, o almeno provarci, invece nulla... mai nulla.
Ero felice che Namjoon non soffrisse per questo però.
Dalla soffitta decisi di portare giù solo quell'album e un pupazzo a forma di coniglio, avrei potuto portarlo a Jin e Nam, così, nel caso avessero voluto, avrebbero potuto darlo alla piccola, non appena nata.
Scesi le scale in legno e mi ritrovai nel corridoio con le porte delle camere -appena vicino alle scale per il piano di sopra- e aprii quella che era dei miei genitori, per mettere apposto anche quella stanza.
Iniziai col cambiare le coperte e le federe dei cuscini, mettendone un paio azzurrine; era da così tanto che non dormivo lì, da ottobre come minimo.
Effettivamente da quando Yoongi aveva iniziato a far parte della mia vita tutto era più bello, in un certo senso era come se avesse dato un senso a una parte della mia vita, e infatti aveva tirato fuori un lato sconosciuto del mio carattere: meno timido, più audace, ma comunque con un velo di imbarazzo.
E poi grazie a lui ora avevo un gatto, quindi ancora meglio.
Mi preoccupai di piegare le maglie e i pantaloni e appendere i vestiti di nuovo, in modo da tenerli tutti ordinati, come prima che Yoongi si nascondesse qua dentro.
Decisi poi di mettere l'album trovato in soffitta insieme agli altri, nello scaffale più alto della libreria di quella camera, uscendo dopo pochi minuti passati a guardarmi intorno.
Mio padre era un uomo severo, rigido e con regole ferree, ma non si poteva di certo dire che fosse un uomo cattivo o altro, lui voleva bene a me e a Nam, nonostante non fosse suo figlio biologico.
Ricordavo che una volta si commosse: stavamo guardando le foto della mamma, alcune con me da neonato, altre con Nam, altre ancora da sola o con nostro padre, e io avevo iniziato a fargli domande sul dove fosse, avevo quattro anni, non sapevo nulla della morte.
Lui iniziò a raccontarmi che era volata in un posto tutto bianco, insieme ai nonni, e che un giorno tutti noi la avremo raggiunta lì.
Ricordavo la notte in cui anche lui era morto, ricordavo la sensazione di vuoto che riempì il petto, la mente e la gola, ricordavo tutto.Fu Yuki a distogliermi dai miei pensieri, il quale si strofinò pigramente sui miei polpacci, coperti da dei pantaloni della tuta, e una felpa di Yoongi, dalla quale non mi riuscivo a separare.
«Vuoi andare in giardino?» domandai sorridendo al micio, che in risposta miagolò dolcemente; «Cambio le coperte della mia camera e poi andiamo, mh?».
Non capivo perché la gente pensasse che parlare agli animali fosse stupido, io credevo che infondo capissero, forse più degli umani paradossalmente.
Dunque passare al cambiare le lenzuola del mio letto, per poi spalancare la grande finestra a quadri che dava sul giardino, in modo da arieggiare il tutto.
Una volta presa la cesta contenente i vestiti da lavare, scesi le scale con cautela, con l'ansia di scivolare, vista la mia goffaggine.
Fortunatamente ci riuscii, ed entrai nel bagno vicino, mettendo il tutto il lavatrice, per poi abbandonare la cesta da qualche parte in quella stanza.«Yuki, vieni qui» esclamai uscendo dalla porta d'entrata, per poi ritrovarmi in giardino, insieme al gatto che si fiondò sull'erba a seguire un qualche insetto, o forse una lucertola.
Io invece mi diressi sotto il gazebo bianco, che copriva il tavolino e le sedie del medesimo colore, dove spesso con Namjoon mangiavamo a colazione, a volte anche a cena, d'estate sopratutto.
La mattina prima mi ero svegliato presto ed ero andato dalla signora Mei, avevo preso delle nuove piantine da mettere in giardino e in casa, l'idea era quella di prenderne tre, massimo quattro per l'interno.
Inutile dire che avevo esagerato un tantino, e ora avevo la casa invasa da piante e rampicanti, ma poco importava, io le trovavo così rilassanti...
Poi eravamo andati a prenderci un caffè insieme, e mi aveva mostrato le foto che aveva fatto in Giappone l'ultima volta che ci era tornata: ci sarebbe andata di nuovo tra un mese, ma non aveva ancora deciso per quanto sarebbe rimasta lì.Ero molto legato a quella donna, e anche mio fratello lo era.
Era l'unica cosa che ci legasse ancora a nostra madre, l'unica persona ancora in vita che l'avesse conosciuta davvero.
Iniziai col trapiantare le rose che necessitavano questo trattamento, per via dei vasi troppo piccoli; e sorvolando sul fatto di essermi quasi tagliato un dito con le forbici, riuscii a fare tutto con successo, così per le rose come per le primule.
Successivamente sistemai i vasi con i fiori, alcuni sotto il portico dell'entrata, altri sotto il
gazebo; e ora toccava alle rose di Yoongi, alle quali avevo dato un sacco di cure in quei mesi.Avevo deciso che le avrei trapiantate in giardino, vicino al roseto di mia madre, che avevo curato giorno e notte negli anni, costantemente.
Appena messa la pianta nel terreno, Yuki si diresse verso di essa, e potei già vedere dal suo atteggiamento quello che avrebbe voluto fare; «No! Via, gioca da un'altra parte».
Era da quando ero tornato dall'università che avevo iniziato a pulire casa e sistemare tutto, ormai era già il tramonto, l'intera casa era ricoperta da quella luce gialla-arancione.
Così presi il mio gatto in braccio, tornando dentro casa e buttandomi sul divano con un sospiro esausto, mentre il mio viso venne innondato dalla stessa luce calda di prima, che penetrava dalla finestra lì vicino.
«Uhm... dov'è il mio telefono?» lo trovai poco dopo abbandonato sul tavolino davanti al divano, e quando lo accesi il mio cuore perse un battito.
Quattro chiamate da Hoseok e sette da Taehyung, per non parlare di tutti i messaggi che mi ritrovai; fu scontato dire che richiamai subito l'omega, il quale dopo nemmeno due squilli mi rispose.
«Tae, che succed-»
«Jimin, finalmente! Yoongi è in ospedale, ha chiesto di te da quando siamo arrivati ti prego... vieni qua»
E dopo ventiquattro ore di assoluta tranquillità, l'ansia tornò a fare padrona su di me.
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𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯
Fanfiction«Sai cosa si dice delle anime gemelle?» chiese, già pronto a sentire la voce dell'altro, che d'altro canto non tardò a farsi sentire: «Che si rincontrano sempre, non importa cosa accada?». «Precisamente, quindi non avere paura: noi ci ritroveremo...