Jimin's povIn ventun anni Namjoon non aveva mai nemmeno pensato -o almeno credevo- di alzare le mani su di me, mai uno schiaffo, una sberla, nulla.
Mi sarei aspettato di tutto, davvero, ma non uno schiaffo tanto in forte in pieno viso, non avrei mai pensato a una cosa del genere, mi aveva spiazzato, mi aveva spezzato.
E non per il dolore -non solo quello fisico almeno- ma più che altro per la crudezza con cui aveva fatto quel gesto: sapevo che prima o poi lo avrebbe scoperto, era inevitabile.
Speravo con tutto me stesso che, magari con l'aiuto di Jin, Namjoon potesse capire, e addirittura lasciarmi libero di poter amare liberamente chiunque io volessi.
Fatto sta che ero lì, davanti alla porta di Yoongi, con ancora le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi chiari, che ero convinto essere più rossi del sangue, a causa del pianto sfrenato di prima.
Se davanti a mio fratello avevo cercato di trattenermi almeno un minimo, appena ero salito in macchina ero esploso in un piano disperato, sotto la pioggia che insistente non aveva cessato un minuto di battere sul veicolo: stavo per lasciare quello che era l'amore della mia vita.
Avevo passato venti minuti a piangere con la testa sul volante, avevo riempito tutto di lacrime, maglia e volante compresi.
Se mio fratello mi avesse detto "o il branco o lui" avrei di sicuro preso la seconda opzione, mi sarei fatto sbattere fuori dal branco in una frazione di secondo, senza nessun tipo di ripensamento, perché per quanto io volessi bene a tutti, Yoongi era la mia ancora di salvezza, e sapevamo tutti cosa succedeva a una barca senz'ancora, no?
Ma ora dovevo farmi coraggio e suonare, vista la porta aperta del condominio ero entrato, ma quella di casa era ancora chiusa ovviamente. Avevo anche cercato di rendermi il più presentabile possibile, ma non sapevo quanto avesse funzionato onestamente: mi bruciavano gli occhi e la gola, sentivo la lacrime seccarsi sul mio viso, e di sicuro Yoongi se ne sarebbe accorto subito.
Speravo solo che Hoseok e Taehyung non fossero a casa, non sarei riuscito a farcela anche con loro lì, dovevo già affrontare la rottura con il mio fidanzato, non sarei riuscito a farlo anche con quella con i miei amici.
Provai a suonare il campanello varie volte, ma non ricevendo risposta mi sedetti con la schiena contro il muro, aspettando l'arrivo del mio fidanzato, o almeno quello che lo sarebbe stato ancora per poco.
Non volevo lasciarlo, non volevo davvero.
Era l'unica persona con la quale riuscivo a lasciarmi andare totalmente, l'unico con il quale non avessi paura di mostrarmi per ciò che er-
«Jimin?! Che ci fai qui?»
Alzai la testa di scatto, ritrovandomi davanti l'alfa che occupava i miei pensieri, con un'espressione confusa in volto.
Mi alzai immediatamente, fiondandomi ad abbracciarlo, lasciandomi stringere tra le sue braccia forti, e -pur dovendo fare il contrario- amando sempre di più questo contatto, il che mi rese ancora più ardua l'impresa, già di per sé dolorosa.
«Hey... hey... amore, che ti succede?» mi domandò il grigio, baciandomi di tanto in tanto i capelli, mentre a me rimase solo l'istinto di piangere come se non ci fosse stato un domani.
Vedendo che non accennavo a rispondergli, estrasse le chiavi dalla tasca dei suoi jeans «Entriamo e parliamone, ti va?».
Annuii e basta, lasciandomi trascinare da lui fino in camera sua, dove usammo il suo letto per sederci: non volevo farlo, ma dovevo, per lui.
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𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯
Fiksi Penggemar«Sai cosa si dice delle anime gemelle?» chiese, già pronto a sentire la voce dell'altro, che d'altro canto non tardò a farsi sentire: «Che si rincontrano sempre, non importa cosa accada?». «Precisamente, quindi non avere paura: noi ci ritroveremo...