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Yoongi's pov


Non avevo mai amato particolarmente il caldo, anzi, sudare mi faceva davvero schifo, mi dava fastidio sentire la mia pelle appiccicosa e umidiccia.

A Seoul per esempio, il caldo estivo era qualcosa di insopportabile per me, tanto che tendevo a stare sempre dentro casa, attaccato al condizionatore, uscendo solo di sera per via delle temperature -decisamente- più basse.

Cosa che però odiavo molto più del caldo, era vedere le persone a cui tenevo soffrire, e per soffrire intendevo sul serio, un malore insopportabile, soffocante, quasi invalidante a tratti.

Mi riferivo proprio alla malattia di Jimin, l'anoressia, che per ben due volte lo aveva colpito finora, e sperai le uniche.
Paradossalmente aveva segnato più me che lui, apparentemente, o almeno io non riuscivo ad andare aventi, lui l'aveva già fatto.

Averlo visto così fragile aveva reso fragile anche me, sul punto di rottura quasi: mi ero sentito morire vedendolo in quello stato, quasi morente.

Non lo sapevo, ogni volta che lo vedevo mangiare poco, che quando lo abbracciavo lo sentivo più sottile tra le mie braccia, che lo vedevo osservare il cibo nel piatto, la mia mente veniva ributtata all'immagine del mio compagno in fin di vita, più leggero di una piuma.

Quella sera mi ero infatti incupito all'istante, quando avevo rifiutato i calamari fritti, l'avevo visto come un campanello d'allarme, e questa cosa mi faceva paura, una paura fottuta.

Sapevo che fosse una cosa piccola, per molti insignificante, ma non per me: per me significava che Jimin stesse male di nuovo, o che almeno questa potrebbe essere stata una possibilità.

E quando succedeva non riuscivo a pensare ad altro, non riuscivo davvero a focalizzarmi su altro che non fosse questa mia paranoia; avevo paura.

Anche ora, mentre stavamo passeggiando tranquillamente al chiaro di luna, su quella spiaggia, non riuscivo a pensare ad altro, il mio unico pensiero era la malattia di Jimin, che potrebbe essersi ripresentarsi in ogni momento, come un animale in perenne agguato.

Neppure la luna piena che risplendeva in cielo riusciva a calmare questo mio stato d'ansia, neppure le chiacchiere allegre di Tae, Hoseok, e Jimin, forse nemmeno il sonno ci sarebbe riuscito.

Era che avevo paura, paura che tutto tornasse come prima, ma peggio.

Forse proprio notando il mio mutismo, accompagnato al mio essere taciturno, il mio ragazzo mi fermò, prendendomi per un polso, in modo da rallentare istantaneamente il mio passo, e poi fece segno agli altri di andare avanti tranquillamente.

«Hyung...» sussurrò, guardandomi con i suoi occhioni azzurri, forse persino più del mare sul quale eravamo ora.

Mi sforzai di sorridere, di evitare qualsiasi tipo di esitazione, ma proprio non ci riuscii, i miei occhi mi avevano tradito, già lucidi: non potevo parlare, o sarei scoppiato a piangere.

«Hey hey, amore... che succede? È dalla cena che sai strano» sussurrò prendendomi il viso tra le mani, abbracciandolo in pratica: e a tutto questo non ressi sul serio.
Scoppiai a piangergli addosso, non avrei voluto, non avrei dovuto, eppure non ero riuscito a trattenere le lacrime.

A questa mia improvvisa reazione, Jimin iniziò a preoccuparsi sul serio, lo sentii chiaramente dal legame, oltre al fatto che poi fu lui stesso a dirmelo.

«Yoongs... mi stai facendo preoccupare sul serio, stai bene?» domandò con voce premurosa, ma allo stesso tempo leggermente tremante, lo sentivo preoccupato, lo sentivo teso.

«No, non sto bene» mormorai sepolto nel suo collo, ancora in preda alle lacrime, era solo che mi ero tenuto tutto dentro per molto tempo, e ora avevo bisogno di sfogarmi.

𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora