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Jungkook's pov

Quando stamattina Jimin mi aveva chiamato per chiedermi se potessi fargli da personal trainer mi aveva davvero sorpreso.

Jimin.

Palestra.

Jungkook.

Erano le tre parole che non mi sarei sognato di mettere insieme nemmeno morto, per un principale motivo: l'omega odiava sia la palestra che me.

Nonostante mi avesse ripetuto decine di volte che ormai quel sentimento di astio che provava nei miei confronti fosse sparito, io ancora stentavo a crederci, perché non era possibile che mi avesse perdonato per tutti quegli anni in cui non avevo fatto altro che trattarlo male, e soprattutto per ciò che avevo detto a Nam senza il suo consenso.

Mi stava bene, non potevo di certo biasimarlo, ma ancora si ostinava a dirmi che non nutriva più nussun tipo di astio nei miei confronti, avrei dovuto crederci?

Comunque era ovvio che avessi accettato volentieri di allenarlo, perché il tempo passato con lui era sempre ben speso, in buona compagnia, e poi non mi cambiava molto allenarmi da solo o con qualcun'altro.

Avevo chiesto anche al suo fidanzato se volesse unirsi a noi, ma aveva categoricamente rifiutato, e, da quello che Jimin mi aveva detto, odiava l'attività fisica.

Ed ecco quindi il perché ora ero in palestra con l'omega a cercare di fargli provare quel programma -non troppo pesante- di allenamento che avevo studiato in quei giorni, in modo che mettesse massa muscolare maggiormente sull'addome e sulle gambe, che erano appunto le parti che lui avrebbe desiderato più allenate. 

Non mi ero mai permesso -e mai lo avrei fatto- di fare commenti o pensieri sul suo corpo, non sarebbe stato giusto, specialmente ora che aveva anche un ragazzo, ma soprattutto perché pensavo che fosse una cosa troppo delicata, specialmente per lui.

Jimin era insicuro, lo era sempre stato, e non parlavo solo riguardo al suo aspetto fisico, ma a trecentosessanta gradi, il che significava che anche una parola intesa nel modo sbagliato poteva effettivamente ferirlo, e peggiorare quella sua condizione di fragilità emotiva.

E forse era anche per questo che avevo accettato così volentieri di allenarlo, per aiutarlo a superare tutta questa situazione non proprio rosea, in modo fa gettarsela alle spalle del tutto.

«Pensavo di iniziare con due serie da quindici di addominali, non dovrebbero risultare troppo faticosi, ma se senti la testa girare o qualche altra cosa che non va, allora fermati e distenditi subito» spiegai al rosa, mentre gli indicavo in che modo posizionare i piedi, che poi avrei tenuto fermi.

Lui sembrò aver capito tutto, e dopo un cenno deciso col capo, si abbassò sulla schiena, per poi rialzarsi, affaticato dalle braccia dietro la testa, che appunto avevano lo scopo di rendere il tutto più difficile ma efficace.

«Stai andando bene, te ne mancano ancora sei» lo avvertii a più di metà esercizio, per motivarlo a continuare, visto il respiro leggermente più pesante.

«Fatto!» esclamò distendendosi, prendendo aria per ricaricare i polmoni, ora sotto sforzo.

«Un minuto di riposo e poi partiamo con altri quindici, dammi il polso»

L'omega me lo porse subito, e così premetti due dita su di esso, contando silenziosamente, in modo da basarmi anche sui suoi battiti per gli esercizi successivi.

«Novantadue al minuto, non è male per la prima prima volta, ma ancora alto per riprendere, aspettiamo ancora trenta secondi»

«Wow, non sapevo fossi così esperto» disse meravigliato quasi, guardandomi dal tappetino blu. Io ridacchiai scuotendo la testa «Solo esperienza, mi alleno da tanti anni ormai».

𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora