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Jin's pov


Quel giorno mi avevano dato la data stimata per il parto: il sei agosto.

Era ovviamente una data indicativa, non mi aspettavo che la piccola Soyeon a mezzanotte del sei agosto iniziasse a voler uscire dal mio ventre, dubitavo vivamente che sarebbe accaduto.

La dottoressa aveva detto che sarebbe stato meglio se mi fossi fatto ricoverare un giorno prima di quello stimato per il parto, in modo che -nel caso si fossero verificate le contrazioni- i medici potessero subito portarmi in sala parto e occuparsi di me e di mia figlia.

Ma non avevo intenzione di farlo, per nessuna ragione al mondo. Dovevo stare vicino a Jimin, in quel periodo specialmente.

Era passato un mese dalla sua rottura con Yoongi, e non si poteva di certo dire che stesse meglio, anzi.

Come avevo previsto, aveva completamente smesso di mangiare, cosa già successa anni prima; ci provavo a convincerlo, gli facevo solo i suoi piatti preferiti, tentavo di farlo ridere, o perlomeno sorridere, ma il tutto con scarsissimi risultati.

Ogni tanto faceva qualche pasto, sempre sotto mia richiesta, ma mangiava meno della metà delle porzioni che gli preparavo, se non meno.

E Namjoon?

Lui si comportava come se nulla fosse, mentre io mi ero momentaneamente traferito dall'omega, per accudirlo: se non ci fossi stato io probabilmente non si sarebbe nemmeno alzato dal letto, se non per disegnare e dipingere ovviamente.

Il mio compagno aveva tentato di fare pace con me, di spiegarmi il suo punto di vista e di farmi capire come -secondo lui- Jimin stesse effettivamente meglio senza Suga: cosa che non era vera.

Lo sentivo piangere mentre si faceva la doccia, lo vedevo mentre guardava il nulla, con sguardo vacuo, perdendosi nei suoi pensieri, con la mano stretta alla collana che indossava, che presumi sia un regalo del più grande.

Avevo visto il modo in cui aveva cambiato i colori nei suoi dipinti, erano spenti, scuri, morti.

Rispecchiavano decisamente la sua anima, non era più lui, tanto quando Jungkook dopotutto, divorato dai sensi di colpa.

L'avevo visto molto poco ultimamente, forse tre o quattro volte, solo quando Namjoon veniva qui con lui; non aveva mai nemmeno tentato di interagire con me e Jimin, non dopo quel giorno almeno, se ne stava in disparte a testa bassa, comportamento poco tipico per un alfa.

Non ce l'avevo con lui, come non ce l'avevo più con Namjoon, dopotutto era il padre di mia figlia e l'amore della mia vita, non potevo rimanere incazzato con lui per sempre, ma ciò non voleva dire che approvassi le sue azioni verso il fratello, passate e presenti.

Provava anche lui a farlo stare meglio ovviamente, e di certo i suoi occhi tristi e lucidi non mi passavano inosservati, specialmente quando il rosa -ormai sbiadito- non lo degnava di uno sguardo.

Jimin non lo faceva per cattiveria, figuriamoci: era qualcosa che con la cattiveria non c'entrava assolutamente nulla, ma era ferito, davvero molto.

Non biasimavo nemmeno lui.

La situazione non era facile nemmeno per me, avevo la tensione che aveva preso possesso di tutto il mio corpo, sentivo quanto i miei muscoli fossero tirati e doloranti, tanto quanto le mie caviglia, gonfie per la gravidanza.

Ma almeno riuscivo a gestire la situazione meglio di tutti loro.

«Jiminie, tesoro, ti prego, vieni giù e mangiamo» gli dissi quel giorno, per la quinta volta.

𝘞𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘰 𝘸𝘦 𝘨𝘰? || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora