C455:Id firmissimum longe imperium est quo oboedientes gaudent.

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"Mandare il maggior numero di fanti e cavalli possibili nel Casentino..." sbuffò Caterina, le mani allacciate dietro la schiena e gli occhi che correvano nervosamente al cielo sopra di lei.

L'ultimo ordine – perché tale le era parso – arrivatole dalla Signoria parlava molto chiaro. La donna aveva saputo da Corradini che Paolo Vitelli aveva fatto sì che gran parte degli uomini al suo seguito lasciassero Pisa alla volta del Casentino, e tra essi c'erano anche Ottaviano e i suoi soldati.

Il fatto che suo figlio avesse seguito le disposizioni del generale fiorentino senza fiatare – e senza consultarla prima – l'aveva messa in allarme, ma vedersi recapitare una missiva tanto perentoria era stato troppo.

"Scrivete loro – disse, sempre senza guardare Luffo Numai che le stava accanto, nel centro del cortiletto della rocca, sotto le nuvole bianche e spesse di quel giorno di novembre – che sono offesa e indignata per l'ingratitudine e la sfacciataggine di questi fiorentini."

Il Consigliere annuì, anche se nella sua mente le parole della Contessa si stavano già traducendo in termini meno accesi e più diplomatici.

Dopo un paio di bestemmie sottovoce, la Tigre si mise una mano sulle labbra, come a tacitarsi e cominciò a pensare che forse sarebbe stato il caso di lamentarsi anche con suo zio Ludovico. La stavano trattando come una bambina. Lei chiedeva soccorso, e in cambio le veniva ordinato di privarsi delle proprie truppe per concederle in protezione a un alleato che rispetto a lei godeva di una ricchezza e una disponibilità di uomini incredibile.

"Quindi non manderemo i nostri?" chiese Numai, preoccupato: "Volete che vostro figlio torni e così tutti gli altri? Vi ricordo che anche Sanseverino sta per partire... E come lui Dionigi Naldi e i suoi balestrieri..."

Caterina si morse il labbro. L'aria odorava di neve. Tutt'attorno, in terra, se ne trovava ancora. Era caduta in modo discontinuo, quella notte, smettendo appena prima dell'alba, ma il freddo lasciava presagire che presto ne sarebbe arrivata altra.

"No, no... Faremo quello che ci viene detto. Preferisco correre il rischio, piuttosto che mostrarmi pavida e debole con i miei alleati." decretò la Contessa: "Tuttavia, che sia chiaro che non sono contenta di concedere tanto."

Numai annuì, con gravità, ma quando stava per aggiungere qualcosa, il Capitano Golfarelli arrivò di corsa, varcando il portone d'ingresso del primo cortile come una furia: "Mia signora... Mia signora!" esclamò, senza fiato, stremato dalla corsa che l'aveva portato fino a lì.

Caterina gli si avvicinò e gli chiese che fosse successo e così l'uomo le riferì che in piazza era cominciato un duello tra un certo Marcheselli di Rimini e un Aldovrandini.

"Entrambi uomini d'armi, mia signora, uno al seguito del Fracassa e l'altro..." continuava a spiegare il Capitano, ma Caterina aveva già dato ordine a un soldato di portarle un cavallo, per poter fare in fretta, e non aveva bisogno di sentire altro.

Era stanca di avere nelle coste i soldati indisciplinati e confusionari dei Sanseverino e quella era la goccia che faceva traboccare il vaso. Aveva detto chiaramente a Fracassa che lo voleva vedere partire alla volta di Firenze subito e invece lui indugiava ancora in città e i suoi uomini combinavano solo disastri.

La Tigre ci aveva messo anni a creare un esercito con precise regole, composto da soldati che avevano la certezza di essere puniti se sgarravano e premiati se si coprivano di gloria. Da che era la padrona indiscussa del suo Stato, non si era praticamente più sentito di un armigero che desse adito a risse troppo violente o non pagasse i suoi conti all'osteria e al bordello.

Invece, da che c'era Fracassa e tutto il suo carosello di uomini d'arme, quelle scene erano all'ordine del giorno. Anche la Sforza era riuscita a mitigarne le ripercussioni – soprattutto grazie al numero tutto sommato ridotto dei soldati stranieri nelle sue terre – non poteva negare di essere stufa di loro.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora