Pandolfo Malatesta si morse l'unghia del pollice, continuando a guardare di sottecchi il suo cancelliere. Da quando era tornato a Rimini, sembrava che nulla stesse filando per il verso giusto.
Prima di tutto, i notabili della città sembravano non riconoscerlo più come signore di quelle terre e, anche se non avevano ufficialmente sollevato una guerra contro di lui, avevano fatto in modo di intimidirlo a sufficienza da convincerlo a non uscire troppo spesso dal suo palazzo.
Secondariamente sua moglie Violante si dichiarava di nuovo incinta, sostenendo che il figlio che portava in grembo fosse stato concepito poco prima che il marito partisse per la guerra. Con quella scusa, lo stava rifiutando di continuo, portandolo a un livello di frustrazione che nemmeno la ricerca di qualche donna a buon prezzo bastava a lenire.
Infine, e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare un vaso già ricolmo, quella mattina era arrivata la notifica della richiesta ufficiale del papa, che voleva da lui il pagamento del censo arretrato, pena la decadenza dei suoi feudi.
Di per sé non sarebbe stata una cosa grave, dato che il Pandolfaccio, fin da quando era ancora sotto l'ala protettrice della madre, aveva sempre cercato di far tenere i conti molto in ordine, temendo la natura infida dei pontefici che si erano susseguiti sul trono di Pietro.
Il vero problema stava nel fatto che Alessandro VI sembrava ben deciso a considerare fuorilegge il Malatesta senza nemmeno provare ad appurare la sua reale posizione. Infatti, dopo nemmeno un'ora dall'arrivo della notifica del richiamo, era arrivata una squilla papale con una bolla ufficiale con cui si dichiarava Pandolfo decaduto come signore di Rimini.
"Questa cosa non si deve sapere." disse in fretta il ventiquattrenne, dopo averci ragionato sopra per un po': "Non si deve e basta. I riminesi non aspettano altro che una novità del genere per insorgere e mettere a ferro e fuoco il mio palazzo."
"Ma la squilla ha parlato in piazza..." fece notare il cancelliere.
Il suo signore scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri e unti e poi, arricciando il naso affilato, ribatté: "C'è pieno di pazzi, in giro. Fatelo passare per uno di loro e poi dategli il foglio di via. Faremo come se non fosse successo nulla."
L'altro tergiversò, non trovando la linea scelta dal Malatesta molto efficace. Avrebbe voluto fargli notare che, forse, sarebbe stato più prudente iniziare a organizzare una difesa, o almeno cercare un appoggio più netto da parte di Venezia.
Tutti sapevano che i francesi non si sarebbero fermati a Milano e che il figlio del papa era con loro.
Quella bolla andava solo a confermare i sospetti di tutti. Il Santo Padre stava togliendo sulla carta i feudi ai signori di Romagna per poi poter più facilmente appropriarsene con le armi.
"Non abbiamo altro da dire." concluse, all'improvviso, Pandolfo: "Fate allontanare il messo papale e poi invitate tutti alla calma."
Mentre il cancelliere annuiva, molto incerto, il Malatesta lasciò la sala e andò a cercare sua moglie.
Non gli importava se lei non lo voleva vedere. C'erano tante cose da decidere. Non era stupido come certi lo credevano, non era vero che l'unica cosa che era in grado di fare era tenere in mano una spada.
Aveva capito benissimo che la loro era una situazione senza via d'uscita e sapeva anche che la maggior parte dei signori di Romagna era nelle sue condizioni. Lui poteva solo sperare che Venezia si dimostrasse decisa nel tenerlo come un suo protettorato, per evitare che il papa si infilasse su quel lato di costa. Insomma, al Pandolfaccio sarebbe andato bene anche un ruolo da cuscino tra due contendenti: gli bastava salvarsi la pelle.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Historical Fiction(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...