"Non penso sia la scelta giusta." disse Troilo, guardando con gravità Gian Giacomo.
Il Trivulzio strinse i denti e poi, inclinando appena la testa di lato, ribatté: "Non sei più un ragazzino, ma a volte ragioni come se lo fossi."
"Conosco questa gente..." provò ancora a dire il de Rossi: "Si oppongono perché vogliono un trattamento più equo, non perché vogliono rovesciare il tuo comando."
Il Governatore di Milano si prese il suo tempo per rispondere. Erano arrivati a Piacenza da pochissimo, eppure la situazione sembrava già essergli sfuggita di mano. Si era aspettato che, anche grazie ai quattromila cavalieri e a tutti i fanti che si era portato appresso, i piacentini non osassero minimamente opporsi ai dazi che il re di Francia aveva deciso di imporre loro.
Troilo aveva espresso fin da subito le sue perplessità, riguardo alla presenza dell'esercito. Aveva provato a consigliarli di lasciare i soldati a distanza dalla città, per non mettere troppa pressione a Piacenza, ma il Trivulzio era stato irremovibile. Gli era bastato vedere che fatica stava facendo a Milano per capire che senza armi non avrebbe ottenuto nulla.
"Capisco che tu voglia mantenere pulito il tuo nome." concesse alla fine Gian Giacomo, con uno sbuffo: "Perché vuoi che i Rossi siano di nuovo ben accetti nel parmense... Ma non saranno le parole a piegare questa gentaglia."
Avevano trovato riparo in uno dei palazzi del Governo di Piacenza, ma, anche se c'erano guardie a ogni porta, nessuno dei due si sentiva sicuro a restare lì. Perfino Troilo, che pur ostentava una certa determinazione nel voler seguire una linea morbida, non poteva ignorare le grida della folla proprio sotto alla loro finestra.
Il de Rossi si passò una mano tra i capelli che tendevano al fulvo e poi, sollevando un sopracciglio, commentò: "Conquistare Milano non è bastato per allargare la nostra influenza anche all'Emilia, avremmo dovuto saperlo."
"E allora avremmo dovuto marciare in armi anche qui?" lo provocò Gian Giacomo: "Trovo sia più saggio usare solo qualche migliaio di uomini come deterrente, come voglio fare io."
Sollevando le braccia, a mo' di resa, Troilo cedette: "Sei tu che comandi, tra noi. E, in più, ti sono debitore per quello che stai facendo per farmi recuperare le mie terre. So bene che se mio padre sta per riprendere San Secondo il merito è solo tuo."
Il Trivulzio fece una specie di smorfia, che deformò le sue labbra sottili in una specie di sorriso, e poi sospirò: "Avanti, diamo l'ordine ai soldati di entrare in città. Non faremo caricare la folla, ma se qualcuno dovesse ribellarsi, si arriverà alla violenza."
"Sperando che non peggiori solo la situazione, come l'ultima volta." si sentì in dovere di aggiungere, proprio sul finale, il de Rossi.
L'allusione a quello che era successo di recente a Milano non cadde nel vuoto. La smorfia simile a un sorriso che aveva contratto i lineamenti di Gian Giacomo si trasformò in un'espressione cupa.
In modo sbrigativo, volendo cancellare in fretta il ricordo della confusione che era seguita all'esecuzione sommaria che aveva egli stesso portato a termine al macello milanese, il Trivulzio andò verso la porta e decretò: "Tu resterai qui. Sarà meglio che non ti vedano alla guida dei soldati, così non ti odieranno. Lascia a me questo privilegio."
Bernardi fece scivolare con attenzione la lama del rasoio sulla guancia del suo cliente, e poi, appena sollevò il filo dalla sua pelle, chiese: "Ma dite davvero?"
Il forlivese che si stava facendo sbarbare annuì appena con un cenno del capo e poi, controllando con la punta delle dita se fosse stato rasato a dovere, precisò: "Tutte le sere, hanno deciso. Certo, adesso non c'è più la folla della prima volta... Ma ai soldati fa piacere sentir dire Messa alla rocca."
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Historical Fiction(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...